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Questo libro contiene un'interessante rassegna della letteratura esistente sulle sostanze psichedeliche, naturali e sintetizzate in laboratorio, dai primordi sino ai giorni nostri, in un momento in cui si parla di "rinascimento psichedelico" e si comincia a ragionare in maniera diversa di come sia stato fatto in passato sull'utilizzo di alcune .di esse in psichiatria (sia come psichedeliche che come tanatodeliche). La sostanza cardine attorno a cui ruotano le considerazioni dell'autore è il principio attivo contenuto nell'Ayahuasca. Occorre ritornare a riflettere sull'azione di queste sostanze - riflette Cipriano - e sulla loro utilità nel fare da contrappeso alle molecole antidepressive, antipsicotiche e ansiolitiche che coartano la coscienza e spingono la mente individuale su modalità in cui la rete neurale detta Default Mode Network assume un predominio schiacciate rispetto ad altre modalità di funzionamento che potrebbero essere più proficue ai fini di una migliore integrazione di istanze scisse (o negate) della mente individuale. Piero Cipriano, che ha letto molto sull'argomento, ci fa conoscere una fitta galleria di personaggi (sperimentatori, chimici, neurologi, ricercatori) che - tutti quanti - possono definirsi "psiconauti" e che sono andati alla ricerca delle sostanze naturali (negli ambienti in cui il loro uso è tradizionale) oppure si sono dati da fare per isolare i loro principi attivi nei laboratori. Ritroviamo anche la descrizione di incontri memorabili con sciamani, curanderos, e altre figure che - assumendo una funzione di mediatori richiedenti il rispetto d'una specifica ritualità (inclusa all'interno di saperi tradizionali) possono essere custodi delle piante magiche e guida nel loro utilizzo.. Un libro davvero prezioso.
Piero Cipriano con questo volume prosegue le riflessioni iniziate in “La fabbrica della salute mentale”. Si muove anche qui tra memorie personali, riflessioni legate alla sua pratica lavorativa ed anche piccoli voli fantastici in cui elementi della realtà si mescolano con suggestioni letterarie discendenti da alcuni dei suoi autori preferiti. Cipriano è un basagliano convinto e ciò è un grande pregio in un momento in cui, mentre ci avviciniamo al cinquantenario della Legge che ha abolito i manicomi e, dopo il 2013, anche i manicomi giudiziari, Basaglia e le sue critiche destruenti contro qualsiasi forma di psichiatria costrittiva, sembrano essere dimenticati, anzi radicalmente rimossi dalla coscienza collettiva. Cipriano, in quanto basagliano convinto e contrario a qualsiasi pratica restrittiva sia essa contenzione fisica (uso delle fasce, sbarre alle finestre e porte chiuse) o farmacologica ad libitum, si definisce anche uno psichiatra “riluttante” nel senso di essere portatore di una voce critica nei confronti del sistema imperante (quello del farmaco e dei molti modi per esercitare forme di costrizione). Più avanti, Piero Cipriano si definirà anche uno psichiatra “anarchico” in quanto sostenitore del principio che uno psichiatra deve essere in condizione di essere in pace con la propria coscienza, dando sempre maggior risalto a decisioni e a modus operandi che siano “etici” anche al costo di scardinare pratiche consuetudinarie. Le riflessioni di Cipriano sulle prassi psichiatriche attuali sono imbevute di un profondo senso etico. Per tutti questi motivi, Cipriano è spesso entrato in rotta di collisione con il il sistema dominante e da parte di alcuni si è meritato l’appellativo di “”psichiatra eccentrico”. Ho già letto “La fabbrica della salute mentale” e non posso non ammirare la ricchezza di contenuti che traspare da questo secondo volume e la coerenza profonda delle riflessioni che vi vengono sviluppate.
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