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Le prime pagine danno l'impressione di un'opposizione in gioco: da un lato la linea psicanalitica, di Georg Frankl e Anni Weiss, esuli negli Stati Uniti e, da qui, collaboratori di Leo Kanner, che ha descritto l'autismo "vero e proprio", quello che Zappella ha definito "autismo senza regressione"; dall'altro la linea psichiatrica, intrisa di eugenetica cattolica e pseudoscienza nazista, di Asperger, che ha descritto il cosiddetto "autismo ad alto funzionamento", escluso dal DSM V, e invece presente sia nell'ICD-10 sia nell'ICD-11. Il sottotitolo è ingannevole: non si parla di "scoperta dell'autismo", che, nella forma della "Sindrome di Asperger", si deve alla psichiatra inglese Lorna Wing, che nel 1981 ha riscoperto gli articoli di Asperger, poco noti perché scritti in tedesco. Si parla, invece, dei rapporti di Asperger con l'eugenetica nazista. Lo studio degli articoli di Asperger poteva essere più accurato e non limitarsi alla sola indicazione dello pseudoconcetto di "Gemut" (spirito di socialità, si potrebbe tradurre). Il contesto storico, invece, è ben documentato.
Un libro molto interessante sulla genesi della sindrome di Asperger e dell'autismo in generale, definiti durante il nazismo come assenza di spirito sociale. La scrittrice segue le vicissitudini dei protagonisti della Psichiatria infantile nazista e come si ponevano le diagnosi, che portavano anche al programma di eutanasia dei minori a Vienna. Porta a riflettere il paragone finale fra isteria e autismo, anche se a mio avviso un po' pretestuoso. Comunque un libro da leggere assolutamente.
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