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Fra i racconti di questa raccolta il mio preferito è Banda randagia, che dà il titolo all’opera, e che è tutto sommato un normale noir con la figura di uno psicopatico che diventa un serial killer, uccidendo a destra e a manca, ma il crescente disagio psichico è descritto felicemente, tanto che l’attesa nel lettore di arrivare alla fine cresce di pari passo con il delirio di onnipotenza tipico di questi soggetti; ed è l’unico racconto in cui ritrovo il Pardini capace di far parlare gli animali, di dare loro una personalità quasi da homo sapiens che così tanto ho apprezzato in altri suoi lavori; è un racconto bellissimo, quasi un piccolo romanzo breve, da cui ho ritratto impressioni positive su un senso di giustizia universale che non è dell’uomo, ma della natura. L’altra prosa che ha incontrato i miei favori è Ferrovia parallela, un viaggio da incubo in un incubo, la parabola di un uomo che si accorge di non poter definire la propria esistenza, perché altri, dal volto ignoto, decidono per lui senza che possa interloquire; in questo treno che viaggia senza mai fermarsi c’è tutta la vita di ognuno di noi, c’è il nostro destino che non possiamo cambiare. Mi è piaciuto, ma in misura minore, anche Il Roero, con un altro viaggio in treno, dove un uomo che rincorre il suo psicanalista si trova in una situazione di pericolo allucinante, partecipe di un giallo breve di cui non intendo dire altro per non anticipare troppo. Mi sono chiesto il perché di questi racconti così diversi dalla consueta produzione dell’autore e ho concluso, anche se si tratta solo di un’ipotesi, che Pardini, uso a parlare di rapporti fra uomini e animali, abbia inteso questa volta narrare di bestie, cioè di quel che diventa l’uomo quando delinque. Banda randagia mi è sembrata un’opera minore nella eccellente produzione di Pardini, ma comunque è meritevole di lettura per le motivazioni che ho sopra esposto, nonché per la capacità di sondare l’animo umano, scoprendo il suo lato più oscuro.
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