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Anno edizione: 2020
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Un libro-rivelazione che mantiene intatta la sua freschezza narrativa e la sua attualità sentimentale.
Parma, fine anni Novanta. Learco Ferrari, laureato in letteratura russa, suona la tromba e lavora part time come magazziniere. Tra una traduzione, una consegna e una prova con la band, cerca anche di scrivere libri. E soprattutto rimpiange i tempi in cui Bassotuba stava con lui, ora che se n'è andata… Nel racconto in prima persona delle minuscole vicende di Learco scorre un vero romanzo picaresco, una piccola epopea del quotidiano cantata con uno stile inconfondibile, diretto, divagante come la vita. Capolavoro dell'umorismo di fine (o inizio?) millennio, Bassotuba non c'è mette in scena con gustosa ironia, ma anche con la doverosa rabbia, la generazione dell'adolescenza prolungata, dei giovani fino a trent'anni e oltre, condannati a un perenne precariato lavorativo e soprattutto emotivo. Un libro-rivelazione che mantiene intatta la sua freschezza narrativa e la sua attualità sentimentale.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Si può scrivere in un italiano che non è logoro ma nemmeno gergale? E in un italiano che porta con sé una dialettalità senza essere campanilista? Si può raccontare il quasi niente della quotidianità e del lavoro? Cosa c’è in quel “quasi” di “quasi niente”? La letteratura serve ancora a qualcosa? È mai “servita” a qualcosa? Gianni Vattimo, quando ha scritto Il pensiero debole, era sobrio o inciclonato? Ecco, Paolo Nori, queste domande da manuale di teoria letteraria, manco se l’è fatte: s’è messo lì e ha scritto, ha scritto, ha scritto finché non gli è venuto fuori uno dei più bei libri degli ultimi decenni. Ma pensa.
Subito l'autore presenta il suo biglietto da visita. Ci avverte, senza dircelo ovviamente, che scriverà come parla. Butterà giù le parole allo stesso modo di quando chiacchiera con gli amici. Senza battere ciglio presenta la sua grammatica e la sua sintassi: “Questo gruppo ci hanno invitato, me e Mario, a leggere delle poesie sul palco.” Oppure: “A me mi succede così".” E anche: “Io, la letteratura russa, non so niente.” E addirittura: “cià” per ci ha. Sono solo quattro esempi, ma già questi, chissà perché, s'inseriscono senza stridere in un insieme che ce lo rende subito simpatico. Bassotuba non la vediamo, ci viene detto che era la ragazza del protagonista Learco Ferrari, trentacinque anni, e che ad un certo punto se n'è andata. Amava leggere le enciclopedie, mentre il moroso si esercitava a diventare uno “scrittore come si deve” (indovinate un po'? Vuole specializzarsi in riassunti dei fumetti di Braccio di Ferro). E la sua mania era quella di lasciare appesi dappertutto bigliettini con le istruzioni per Learco delle cose da fare o non fare. Per dare un'idea del suo registro comico, prendo questa frase: “Alla domanda su Wenders dico di sì, che mi piace. Quando mi chiedono i film, gli dico di no, che non li conosco.” Abbiamo già tutti gli strumenti informativi necessari per andare avanti. Le tracce segnate per intanto sono tre. C'è una rossa, Agata, la donna del supercapo Mark, che è una sensualona e “fionda” coi camionisti, coi camerieri, coi gestori e così via. La tenta anche con Learco, ma lui le resiste, provocando l'irritazione del supercapo. Ma molti di questi amanti, “dopo un po' ”, spariscono dalla circolazione. Anche a Bassotuba, oltre a leggere le enciclopedie e appendere foglietti per la casa, le piaceva “fiondare” con Learco ad ogni pie' sospinto. Ora, però, se n'è andata con un sociologo “allievo di Vattimo”. E c'è un amico che si diverte a giocare con il protagonista facendogli questa telefonata: “Ciao Learco, indovina chi sono. Facciamo così, se indovini, mi chiami. Ok?” Il mistero si tr
alla faccia di tutti i tiramenti dei calviniani.
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