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Anno edizione: 2019
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«Questo luogo segreto, appartato dal mondo esterno, mi dava la sensazione di essere stato trasportato in un tempo remoto, quando non ero ancora nato. Quella casa, per me, era diventata il mio castello: capii che era in Giappone che volevo vivere la mia vita.» Alex Kerr è appena un bambino quando arriva per la prima volta in Giappone. L’incanto e la meraviglia di questo paese si riflettono in lui prima di tutto attraverso il mistero e la bellezza dei kanji. Nel corso del tempo, nonostante i numerosi trasferimenti dovuti al lavoro del padre, questo incanto è destinato a non sbiadire mai. L’autore, una volta adulto, si trasferirà in Giappone e continuerà a guardare il mondo con occhi che cercano continuamente la bellezza. È così che si apre il libro, fatto da una raccolta di articoli a metà tra la letteratura di viaggio e un saggio sulla società giapponese. Capitoli dedicati al kabuki, alla calligrafia, all’architettura tradizionale e urbana raccontano la storia sia dell’autore che del Giappone in un particolare periodo storico, quello della bolla economica a ridosso degli anni ‘80. Allo sguardo critico e innamorato di Alex Kerr non sfuggono i feroci compromessi che il paese accetta per tenersi al passo e sostenere la propria economia, né l’impatto distruttivo che hanno sull’ambiente e sulle tradizioni più antiche. Con linguaggio fluido e scorrevole, questo libro racconta un Giappone davvero segreto, perché fatto di arte, luoghi remoti e tradizioni secolari.
saggio s t u p e n d o sul giappone ed in particolare sulla architettura storica delle case tradizionali giapponesi.
Un libro ben scritto ma a tratti noioso, e non per colpa di Kerr- che anzi ha riportato in vita tradizioni ormai quasi estinte o completamente snaturate per intrattenere i turisti, con grande passione e amore sincero per il Giappone- ma perché è proprio il Giappone ad essere un paese che non sa offrire più nulla di lontanamente bello e sensato da almeno 5 secoli. Non a caso non sono mai stata interessata al Giappone moderno e contemporaneo e questo è il secondo saggio che leggo al riguardo, il primo fu quello sul fenomeno degli Hikikomori o reclusi in casa, mi pare si scriva così. Che poi io leggo autori giapponesi, guardo film giapponesi, ma lo squallore e lo sconforto su ciò che quella nazione è diventata che questo libro trasmette è un pugno allo stomaco. Inutile dire che già da anni ho depennato il Giappone dalla mia lista di mete di viaggio, e le insegne luminose al neon di cui parla Kerr non valgono né la spesa né l'impresa di un lungo viaggio. Il Giappone sta morendo di morte innaturale, di esterofilia estrema e parossistica, e ora capisco ancora più profondamente il gesto suicida di Mishima nel 1970: aveva compreso di vivere in un paese totalmente senza speranza, destinato all'estinzione.
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