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Con questo romanzo Pamuk esplora una dimensione che sembra appartenere al mondo delle fiabe. Molti aspetti sembrano essere di un mondo lontano, un mondo nel quale non sempre si riesce ad avere accesso. Il mondo di cui parla Pamuk è difficile e complesso da comprendere. Ci troviamo di fronte a due figure: un astrologo turco da un lato e un gentiluomo veneziano appassionato di astronomia dall'altro lato. I due personaggi non sono altro che le due facce della stessa medaglia e sono la metafora del divario tra Occidente e Oriente. Con l'aiuto di questi due personaggi, talmente simili da sembrare quasi la stessa persona, al punto da fondersi l'uno con l'altro, si svela il contrasto mostrando le caratteristiche di ognuna. In alcune parti, il narratore si rivolge direttamente al lettore come se cercasse un confidenza con lui, ma il tutto risulta essere molto ovattato e quasi impercettibile da riuscire a farne parte.
qualche anno fa lessi con piacere “la donna con i capelli rossi” di Pamuk. Negli anni ho sempre voluto leggere altro di questo scrittore e, quasi per caso, qualche mese fa mi sono trovata tra le mani “il castello bianco”. Il romanzo ruota intorno al tema del doppio, dell’identità e della ricerca del vero Io. Queste caratteristiche appena accennate sono centrali e dominanti, il fulcro del romanzo. Protagonisti sono due uomini, il primo veneziano fatto prigioniero, il secondo è invece un astrologo turco. I due personaggi rappresentano quindi due culture allo specchio, oriente e occidente che si scontrano, si mischiano e si perdono una nell’identità dell’altra. Nel complesso posso dire che l’ho trovato lentissimo, molto filosofico, ambiguo e poco incisivo. Pertanto il voto non può essere positivo. Peccato. Voto 2/5🌟
Quant'è preziosa ed elegante la penna di Orhan Pamuk! Anche questo libro è un esempio della sua grande maestria. La storia narra di due uomini, un veneziano ed un turco, molto somiglianti fisicamente che, a causa di una serie di vicissitudini, si ritroveranno costretti a vivere insieme per moltissimi anni. A questo punto la somiglianza non si limita più all'aspetto, ma si arrampica fino all'intelletto, al modo di ragionare, a quello di fare male, a quello di amare, fino al punto di non sapere più qual è il confine della singola identità. La riflessione che Pamuk ci propone riguarda, naturalmente, l'essenza delka diversità culturale che alla fine non è nient'altro che mera apparenza, giacchè il peccato e la gloria sono gli stessi per tutti gli uomini.
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