"Gloria a Te Caos". È uno degli inni di questa fiaba nella quale si mescolano passato, presente e futuro. Leggiamo di Strauss: topo filosofo, laureato in ingegneria elettronica. Ama Dostoevskij e Conrad. Creativo e sottile, può essere insopportabile. Kama è bellezza virile e spontanea. Velle è femminilità voluttuosa e ardente. Accademia comunica in modo eccessivo. Quando tace, il suo sguardo si fa penetrante. Ha braccia lunghe e la fronte attraversata da rughe. Ginger arriva saltellando. Ogni tanto punta l'indice al cielo. è allegro e vivace. Kafkasìa ha capelli magici: crescono un po' quando fa domande. Incontrare questi e gli altri personaggi ci immerge in un'esperienza curiosa. Gli eventi sono affiancati gli uni agli altri senza regole apparenti. Oscuri dialoghi dal vago sapore spirituale lasciano il posto a frenesie sessuali. Litanie di frasi ironiche senza punteggiatura, luoghi comuni, pensieri di saggezza hanno il suono dell'acqua che scorre da un rubinetto aperto. È un racconto con tante facce, come la vita di tutti noi probabilmente. Siamo più seri sul lavoro e brillanti con gli amici. Ci sentiamo liberi alle feste. Ci contraddiciamo. Ripetiamo lo stesso copione: interpretiamo prima una parte poi un'altra in un ciclo indefinito. Eppure siamo sempre noi. E proprio noi siamo chiamati in causa nelle ultime pagine. La fiaba si chiude con sequenze di lettere, di numeri e poi ancora con segni che possono far pensare a macchie di Rorschach. Ebbene, dopo tutto ciò, ci viene offerta un'opportunità: scegliere un'altra conclusione che ci soddisfi. Dopo averla scritta, potremmo inviarla alla casa editrice. Perchè non incontrarci per scambiarci idee di persona? Usciremmo dalla carta. Ci vedremmo, ci annuseremmo, ci assaggeremmo. Gli autori di Coeva ci ricordano che le parole non bastano e la vita va oltre. Siamo ancora noi a leggere e a cercare le virgole. Alberto Fea
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