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Quanti errori commettiamo per troppo amore? Gli inganni di poco conto, i piccoli sotterfugi quotidiani su cui si reggono le vite di tutti noi. Vincitore del piú importante premio letterario israeliano e best seller in patria, Come amare una figlia lancia sulla scena internazionale una grandissima autrice contemporanea.
«Hila Blum ha una coscienza emotiva che non smette mai di sfidare e riflettere» – Etgar Keret
Il camino in soggiorno, malgrado fosse spento, diffondeva una sorta di calore. C'era una sensazione di casa. E c'erano libri ovunque, anche in cucina. Era un appartamento dall'aspetto benevolo. Tutto, in esso, ricordava la semplicità delle materie prime: la legnosità degli alberi nella foresta, le nuvole nel cielo. Ma poiché osservavo mia figlia e la sua famiglia a loro insaputa, ero io in realtà a correre un rischio. La loro vita senza veli splendeva pericolosamente sotto i miei occhi.
Lontana cinquemila chilometri da casa, sola, in una strada buia, una donna israeliana guarda una finestra illuminata. Dentro, ci sono due ragazzine che giocano: le sue nipoti. Yoela non le ha mai conosciute: da anni sua figlia Leah se n'è andata di casa per costruirsi una vita altrove, senza quasi piú dare notizie. Eppure, c'è stato un tempo in cui madre e figlia erano una cosa sola: che cosa si è guastato, perché? È ancora possibile riavvicinarsi, riconoscersi, ritrovarsi? Ripercorrendo il passato di una famiglia tanto solida ieri quanto allo sbando oggi, Hila Blum ci racconta, con partecipazione ma anche con spietata sincerità, quanto sia facile superare il confine minato fra amore e possesso, fra tutela e prevaricazione.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Si tratta di un romanzo introspettivo, narrato con la tecnica del flusso di coscienza, che indaga sul rapporto madre-figlia. La madre in questione, possessiva e ossessiva, è Yoela, mentre la figlia, oppressa da un amore eccessivo ed emotivamente ingestibile, è Leah. Il romanzo ha inizio con la descrizione di una donna che, nascosta dal buio che avvolge una via nei sobborghi di una città sconosciuta, osserva l'interno illuminato di una casa. È un'immagine desolante, malinconica e dolorosa, che contrappone la solitudine al calore del focolare domestico e che colpisce il lettore fin dalle prime pagine. Man mano che si procede nella lettura, si aggiungono tasselli alla storia: gli episodi di vita quotidiana raccontati e gli improvvisi ricordi di Yoela permettono di individuare i tratti caratteriali delle due protagoniste, fino a ottenere un quadro pressoché completo: questo rapporto simbiotico madre-figlia è malsano. Giustificabile e necessario in tenerissima età, il legame tra Yoela e Leah si è man mano trasformato in una prigione per quest'ultima. Come in tutti i prigionieri, nasce in Leah la voglia di libertà. E allora non resta che mettere in pratica una sorta di evasione in grande stile… Premetto che non amo molto il flusso di coscienza, lo trovo dispersivo e faticoso da seguire per la peculiare frammentazione del racconto. Non posso, però, non riconoscere il valore di questo romanzo dallo stile deciso, ma lineare, che arriva dritto al cuore. Secondo me, se l'autrice avesse scelto la forma del romanzo epistolare, o avesse anche solo inserito il point of view della coprotagonista, il risultato sarebbe stato incantevole ed eccellente.
La storia si concentra soprattutto sui sentimenti della madre, ossessivi, ambivalenti ma anche naturali, nei confronti della figlia. La figura di quest'ultima invece ne risulta appiattita: il lettore non riesce a inquadrarla dall'obiettivo con cui la descrive la madre. È una bambina viziata e bisognosa di attenzioni? Un'adolescente irrequieta e insicura? È una donna irrisolta? Una moglie infelice? Si termina il romanzo con la sensazione che manchi più di un pezzo per completare il puzzle. Anche l'episodio scatenante il conflitto non sembra sufficiente a spiegare del tutto l'allontanamento di questa figlia: il suo silenzio è punitivo? La sua è una fuga dalle proprie responsabilità o semplicemente l'incapacità di gestire delle relazioni?
Vivere esclusivamente per un figlio vuol dire rovinarlo e impedirgli di crescere felice e indipendente....La madre soffocante del romanzo genera angoscia non solo nella figlia ma anche in noi....
Recensioni
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