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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2016
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Ho letto tutti i libri di Gaarder, questo è molto particolare, molto fantasioso, ma speciale ed atipico. Da capire e non sottovalutare, ha il suo perché.
Un romanzo un po' "ermetico" con frequenti richiami alla filologia e permeato di filosofia, non sempre scorrevole, però permeato di tanta poesia. La figura di Pelle è dolcissima e magica. In conclusione: un po' lento, un po' difficile, ma un romanzo molto originale e consigliato.
la storia aveva buone potenzialità ma lo sviluppo lascia molto a desiderare: il piano narrativo procede a balzi e i personaggi sono appena abbozzati. deludente.
Recensioni
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Come nei suoi precedenti grandi successi, a partire dal Mondo di Sofia, Jostein Gaarder affronta con leggerezza storie profonde e drammatiche, al centro delle quali c’è sempre l’uomo dinnanzi ai grandi interrogativi sul significato dell’esistenza.
Le lingue sono connesse tra loro. Sono come una grande famiglia, o una famiglia allargata. Posso sentirmi onorato di appartenere a questa imponente famiglia.
Svezia, isola di Gotland, maggio 2013. Un uomo norvegese ormai anziano, Jakop, sta iniziando una lunga lettera per Agnes. Di lui, di lei, del rapporto che li lega non sappiamo ancora molto, e i frammenti che Jakop dissemina nel suo scrivere sono bizzarri e sconcertanti. Jakop e Agnes si sono incontrati solo in due occasioni, la prima volta nel dicembre 2011 e la seconda un mese prima. La prima volta Jakop ha fatto una figura terribile, ma Agnes l’ha costretto a rimanere, gli ha impedito di andarsene. Ora l’uomo vuole spiegarle il perché del suo strano comportamento, scrivendole una lunga lettera che promette di svelarle i suoi segreti più intimi.
Jakop inizia il suo racconto da lontano, dieci anni prima di conoscere Agnes, quando era andato al funerale del patriarca della famiglia Lundin, Erik. Jakop ha scelto questo evento perché è così che ha deciso di raccontare la sua storia, selezionando le occasioni in cui incontrò negli anni i membri della famiglia Lundin.
Jakop ci svela a poco a poco i particolari della sua vita: ex-ricercatore all’università, amante della linguistica e delle etimologie, professore di liceo, divorziato senza figli. E, ovviamente, ci racconta il modo in cui riempie le sue giornate: andando a funerali di sconosciuti. Ormai sa bene come comportarsi: si documenta scrupolosamente prima di ogni cerimonia, si tiene in disparte cercando di evitare i parenti più intimi, inventa quindi bellissimi ricordi da condividere con i presenti.
I capitoli del libro sono chiamati con i nomi dei defunti, a conferma di quanto siano, paradossalmente, importanti per Jakop. Abbiamo quindi Erik, il professore universitario dalla splendida e numerosa famiglia; Andrine, la taxista con velleità letterarie; Runar, l’omosessuale ostracizzato dalla famiglia e morto in modo orribile; Grethe Cecilie, la professoressa di matematica e fisica con un dottorato in astrofisica, sorella di Agnes. Pare incredibile, ma a tutti questi funerali Jakop ha incontrato membri del clan Lundin (a cui è imparentata anche Agnes).
Fra una cerimonia a l’altra Jakop ci svela il suo modo di pensare, strettamente connesso con la linguistica. Trova affascinante come alcune parole siano sopravvissute migliaia di anni trasformandosi, evolvendosi, differenziandosi, ma portandosi dietro la loro eredità. Non solo infarcisce le sue riflessioni con etimologie indoeuropee, ma le inserisce di continuo anche nelle sue conversazioni, siano queste con parenti affranti o con l’amico fraterno Pelle.
Jostein Gaarder, dopo il successo de “Il mondo di Sofia”, torna con un nuovo erudito romanzo. Dopo aver fatto scoprire a migliaia di lettori l’amore per la filosofia, si cimenta ora in un’impresa ancora più difficile: far apprezzare il complesso mondo della linguistica. Le spiegazioni di Jakop sono chiare e brillanti, riflesso del sincero amore che il personaggio nutre per la glottologia, in grado di catturare l’attenzione anche dei lettori meno esperti. Coloro che invece hanno già affrontato questa materia si troveranno ad approfondire l’aspetto nordico e scandinavo di questa disciplina.
Nel “Consolatore” Gaarder ci offre uno splendido e originale romanzo sulla solitudine, il lutto, il senso delle storie e, ovviamente, l’importanza e il fascino delle parole. Il libro cattura da subito l’interesse del lettore, ponendo una gran quantità di domande a cui l’autore non ha fretta di rispondere: chi è Agnes? Che cosa spinge Jakop a comportarsi in quel modo? Cosa c’è di vero nelle sue storie? Cosa significa Pelle per il protagonista?
Basta solo un po’ di pazienza e i tasselli si ordineranno in un raffinato affresco che vi sorprenderà, vi commuoverà, e forse vi farà scoprire un inaspettato amore per quella disciplina indispensabile per comprendere le nostre origini e le parentele che legano un popolo all’altro che è la linguistica.
Recensione di Anna Travagliati
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