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Anno edizione: 2018
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Ho terminato di leggere Croce e delizia, il secondo episodio di Alle cinque del mattino, edito da Le Mezzelane, poco prima dei fatti di Genova. Questa città, scelta dagli autori Rita Angelelli e Antonio Lucarini, come sfondo per le vicende narrate nel loro giallo a puntate, nell’immaginario collettivo è sempre stata la città dei carruggi, dei camalli, della gatta con una macchia nera sul muso e della soffitta vicino al mare. Dopo il 14 agosto è diventata anche altro: la città del dolore e della perdita. Ma non della rassegnazione. Ed è anche a causa di questa nuova percezione che gli avvenimenti di questa parte della storia hanno assunto una nuova prospettiva. Nel primo episodio lo spazio narrativo è diviso in ugual misura tra il vicequestore Incandela e l’ispettore Mancini, e il loro travaglio interiore, misterioso quanto incombente, si intreccia in modo ineluttabile con i delitti. Nel secondo sotto i riflettori è soprattutto Alessandro Incandela, che abbiamo lasciato, alla fine del primo, nel cuore di una notte tormentata e cattiva, e incontriamo all’inizio del secondo che si sveglia, in una mattina finalmente di sole, ma con lui che brancola nella nebbia più fitta riguardo a quanto ha fatto la sera prima. «Ciò che lo faceva sentire impotente era la sua mente, immersa in una nebbia densa, nella quale frammenti di ricordi e immagini confuse si susseguivano al rallentatore.» Nella dicotomia che si profila nella vita del vicequestore c’è, tuttavia, la sua irriducibile volontà di inchiodare il folle criminale che continua a seviziare, ammazzare e mutilare donne capitate per caso, per imprudenza o per necessità sul suo cammino. E deve farlo combattendo contro i suoi fantasmi privati, il tormento delle amnesie, un PM che lo incalza e un giornalista intrigante che ne intralcia il lavoro. Bel ritmo e finale aperto, in attesa dei prossimi sviluppi.
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