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Anno edizione: 2021
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Il demone a Beslan torna in libreria dopo dieci anni e, oggi come allora, si fa carico di raccontare l’irraccontabile, facendo dire il Male da chi ha osato compierlo. E lo fa senza paura di guardare in faccia l'orrore e facendo leva sulla cronaca, sulla storia più recente e sul grande potere di trasfigurare la realtà che ha la grande letteratura.
«Un romanzo cupo e perfetto. Tarabbia riesce a trasfigurare la cronaca in grande letteratura» - Andrea Coccia, Grazia
«Il romanzo di Andrea Tarabbia... si prende il compito di raccontare questa vicenda e lo fa con uno stile di scrittura bellissimo, riuscendo a controllare e rendere credibile un materiale difficile» - Francesco M. Cataluccio, il Sole 24 Ore
«Il demone a Beslan ha per protagonista l'unico guerrigliero sopravvissuto all'incursione terroristica nella scuola, il 1° settembre 2004: un miracolo di documentazione e soprattutto di scrittura» - Mariarosa Mancuso, il Foglio
«Che cos'è il male in un deserto dell'anima, che cos'è la pietà, che cosa significa non avere niente da perdere? L'ultima morte possibile chiude il racconto di un orrore che sfila come una gomena portata sempre più giù da una pesantissima ancora, inarrestabile» - Elena Stancanelli, la Repubblica
Il primo settembre 2004 un commando di terroristi fece irruzione nella Scuola n. 1 di Beslan - una cittadina dell'Ossezia del Nord, nel Caucaso - sequestrando oltre mille persone tra studenti, genitori e insegnanti e tenendole segregate in una palestra. Per tre giorni, il mondo restò con il fiato sospeso finché, il 3 settembre, un commando di teste di cuoio fece irruzione nella scuola. Nello scontro morirono trecentotrentaquattro persone, tra cui centottantasei bambini e trentuno dei trentadue terroristi. A quello sopravvissuto, Andrea Tarabbia ha cambiato nome, dato una biografia immaginaria e un compito, terribile eppure necessario: quello di raccontare, dalle viscere di un carcere dal quale non uscirà più, quei tre giorni. Così Marat Bazarev, questo il nome del narratore, scrive di sé, delle sue illusioni, delle rabbie e dei delitti; non chiede perdono; viene attraversato da paure, follie, allucinazioni, sogni, e noi li attraversiamo con lui, ascoltiamo le voci che lo tormentano e le sue ragioni che, per quanto inascoltabili, sono e restano umane. Il demone a Beslan torna in libreria dopo dieci anni e, oggi come allora, si fa carico di raccontare l'irraccontabile, facendo dire il Male da chi ha osato compierlo. E lo fa senza paura di guardare in faccia l'orrore e facendo leva sulla cronaca, sulla storia più recente e sul grande potere di trasfigurare la realtà che ha la grande letteratura.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il primo di settembre del 2004, in Ossezia, è il primo giorno di scuola, si festeggia il "Giorno della Conoscenza". Ci sono tutti: gli alunni, i genitori, i professori, il preside in alta uniforme, le madri, i padri, e per gli alunni del primo anno ci sono i nonni, i cugini, le zie. Hanno mazzi di fiori, è un tripudio di colori, è una bella e calda giornata. Irrompe un gruppo di trentadue terroristi ceceni che sequestrano, nella palestra della Scuola n.1, oltre mille persone. Ne moriranno trecentotrenta quattro, di cui centoottanta sei bambini e adolescenti. Il piccolo cimitero di Beslan non riuscirà a contenere tutti i cadaveri. L'autore apre il romanzo con una citazione di Dostoevskij tratta dal romanzo "I fratelli Karamazov": " E se le sofferenze dei bambini fossero destinate a completare quella somma di sofferenza, che era il prezzo necessario per l'acquisto della verità, in tal caso io dichiaro fin d'ora che tutta la verità non vale un tal prezzo". E sempre riferendosi ai bambini: "Non è possibile che un innocente debba soffrire per le colpe d'un altro e di quali innocenti si tratta! ". L'io narrante del romanzo è l'unico terrorista sopravvissuto dopo l'assalto della palestra da parte delle teste di cuoio.
Tarabbia prende un fatto di cronaca e ne fa grande letteratura. Il romanzo narra le vicende del commando ceceno che fa strage nella scuola di Beslan. A parlare è l'unico sopravvissuto, ma alla sua voce, in una polifonia di delirio e dolore, si mescolano quelle di alcune vittime. Ne risulta un libro agghiacciante e doloroso, ma necessario. Di fronte ad un oceano di violenza, subita e agita, il giudizio si sospende, la nostra possibilità di dire il bene e il male si inceppa, non resta che la pietas. Un romanzo che lascia senza fiato. L'esperienza di un attraversamento che ci segna.
Da leggere per capire e consocere cosa c'è dietro a una tragedia di questa portata. Bravissimo l'autore! Lo consiglio
Recensioni
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