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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2013
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Einaudi (2013) ripropone il romanzo d'esordio di Michele Mari, rivisitato e snellito rispetto alla prima edizione (1989). Una tormenta di neve introduce il lettore nel castello del dottissimo Osmoc, che vive con la sola compagnia del maggiordomo e di una vastissima biblioteca. La voce narrante è il protagonista (anonimo), uno studioso accompagnato dal collega Pesùmai e dalla loro interprete, la signorina Ebebléchei. Tra ricerche e lunghe divagazioni, comincia a emergere il passato di Osmoc e della sua defunta moglie; la trama del mistero comincia a infittirsi e i libri non sembrano sufficienti a risolverlo, finché i protagonisti scoprono che le segrete del castello ospitano qualcosa (o qualcuno?) che fin allora è rimasto nascosto. Il lessico ampolloso e arzigogolato di Mari è già apprezzabile in quest'opera prima, ma non respinge bensì attrae e coinvolge il lettore in questo romanzo al contempo giallo, fantastico e grottesco. Una lettura consigliatissima!
Ottimo romanzo gotico caratterizzato da una mirabile atmosfera misteriosa e uno stile da grande letterato, la trama a mio avviso fa da stuzzicante, marginale contorno. In quest'opera giovanile, rivista e corretta negli anni, si percepisce chiaramente l'erudizione dell'autore, le notevoli capacità stilistiche e le influenze letterarie (Poe, Lovecraft, Stevenson, Borges, Landolfi...). Ovviamente non è un romanzo per tutti, perchè si tratta di VERA letteratura e non di semplice intrattenimento di massa d'immediata comprensione, perfetta per le librerie-supermercato, che certamente non richiedono ai lettori alcuno sforzo mentale e intellettuale, e per chi non è abituato ad una simile qualità di prosa, questo scrittore non può che apparirgli indigesto, autoreferenziale, difficile da assimilare, scarno d'azione colpi di scena ed effetti speciali. Mari è forse l'ultimo sopravvissuto (almeno in Italia) di una certa colta e raffinata tipologia di scrittori, destinata chissà, visti i tempi,ormai all'estinzione.
Finalmente mi sono approcciata alla scrittura di Mari, con quello che egli stesso ritiene il libro della sua vita. Era infatti il suo primo romanzo, che in tempi più recenti ha deciso di ‘editare’ con uno sfoltimento prima di pubblicarne una nuova edizione. Temi fondamentali del libro sono la dualità dell’uomo, tra la bestialità e la civilizzazione, e il valore della cultura, il cui perseguimento rischia di diventare sterile erudizione. Lo stile di Mari, ricchissimo di figure retoriche, forbito nel linguaggio (soprattutto di Osmoc), ricco di citazioni, corrisponde perfettamente ai temi trattati. E quello di Mari non resta uno sterile esperimento linguistico, ma diventa una storia avvincente e misteriosa, che tiene incollati alle pagine fino all’ultimo.
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