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Anno edizione: 2001
Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2021
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un bel romanzo ma devo ammettere che mi sono persa più volte leggendolo, mi sembrava spesso di essermi persa dei pezzi ..
Un altro libro in cui gli scacchi, da semplice sfondo e spunto per la vicenda narrativa, diventano tragica visione, specchio e destino di una vita nevrotica ed infelice. In questo suo bellissimo (ma quale non lo è?) primo romanzo russo Nabokov mi sembra inconsciamente sviluppare, in paradossale anticipo, la biografia di colui che sarà Mirko Czentovič, il rozzo e silenzioso, quasi inumano, campione dotato di una sola qualità, coprotagonista dell'ultimo racconto di Zweig ("Novella degli scacchi"), lasciato volutamente in ombra dallo scrittore austriaco; il tutto, però, con malcelata simpatia se non con sentita partecipazione per le sue vicende umane, sentimenti assolutamente singolari nella narrativa nabokoviana ma tali da farmi (e farci) compenetrare emotivamente nella buffa e tragica storia di questo goffo, solitario, indifeso, in fondo tenero personaggio, talmente anonimo per l'umanità che lo circonda, nonostante la sua fama di giocatore, che ne conosceremo il nome solo grazie ad uno splendido e potentissimo "coup de theatre" che domina le righe finali di questo incantevole, imperdibile romanzo.
Dei libri di Nabokov che ho letto è stato quello che ho avuto più difficoltà a leggere (nonostante il solito, eccellente, stile); l'analogia tra scacchi e vita può sembrare poco originale, ma il modo di Nabokov di raccontare il delirio di Luzin nel corso della sua vita dovuto alla sua "passione" (termine riduttivo) per gli scacchi è sublime. Finale a suo modo spettacolare e liberatorio, sia per Luzin, che per il lettore.
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