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«Ciò che propriamante fa difetto al dilettante è l'architettonica nel senso più alto, quella forza che si esercita creando, formando, costituendo; egli ne ha solo una specie di sentore, ma si affida in tutto e per tutto alla materia anziché padroneggiarla.Si troverà che il dilettante, va in cerca preferibilmente della lindura, che è la perfezione dell'esistente. Da qui nasce un'illusione: come se l'esistente fosse degno di esistere».
(Johann Wolfgang Goethe e Friedrich Schiller).
Un filo rosso percorre tutto l'arco della cultura estetica tedesca: è il tema del dilettantismo come componente essenziale di ogni espressione artistica. Sono Goethe e Schiller - con il rigore concettuale, ma soprattutto con la tensione e la passione da cui sono animati - a intervenire per primi sull'argomento, imbastendo in uno scritto a quattro mani una discussione con Wilhelm Wackenroder a proposito dei caratteri del dilettantismo. Il dilettantismo dilaga: per ragioni storiche, dal momento che la pratica artistica si viene allargando enormemente con il diffondersi dell'istruzione; per ragioni sociali, poiché le arti sono per definizione comunicative, e dunque richiedono partecipazione e inducono in strati sempre più vasti il desiderio di creatività, e infine per ragioni istintuali, giacché è attraverso l'arte che si manifesta un tratto generale dell'umanità, e cioè l'impulso a esprimersi, a imitare, a plasmare. Ma c'è anche il rovescio della medaglia. L'istruzione giustifica i valori più piatti e diffusi; il soggettivismo del dilettante, che non vuol saperne di leggi, porta alla fiacchezza; la corsa alle realizzazioni più prossime incatena la libertà.D'altra parte, esaltare la creatività senza esporsi all'arbitrio, correndo il rischio della nevrosi e del fiasco pur di inseguire il rivelarsi dell'infinito? E, però, come rielaborare una storia e una tradizione - e non venirne schiacciati - senza una dose di dilettantismo? «Cercate voi stessi le regole e poi seguitele»: ma questo motto dell'arte moderna convive con l'incertezza e la precarietà e sconfina talvolta nella tragedia.
Un filo rosso percorre tutto l'arco della cultura estetica tedesca: è il tema del dilettantismo come componente essenziale di ogni espressione artistica. Sono Goethe e Schiller - con il rigore concettuale, ma soprattutto con la tensione e la passione da cui sono animati - a intervenire per primi sull'argomento, imbastendo in uno scritto a quattro mani una discussione con Wilhelm Wackenroder a proposito dei caratteri del dilettantismo. Il dilettantismo dilaga: per ragioni storiche, dal momento che la pratica artistica si viene allargando enormemente con il diffondersi dell'istruzione; per ragioni sociali, poiché le arti sono per definizione comunicative, e dunque richiedono partecipazione e inducono in strati sempre più vasti il desiderio di creatività, e infine per ragioni istintuali, giacché è attraverso l'arte che si manifesta un tratto generale dell'umanità, e cioè l'impulso a esprimersi, a imitare, a plasmare.
Ma c'è anche il rovescio della medaglia. L'istruzione giustifica i valori più piatti e diffusi; il soggettivismo del dilettante, che non vuol saperne di leggi, porta alla fiacchezza; la corsa alle realizzazioni più prossime incatena la libertà.
D'altra parte, esaltare la creatività senza esporsi all'arbitrio, correndo il rischio della nevrosi e del fiasco pur di inseguire il rivelarsi dell'infinito? E, però, come rielaborare una storia e una tradizione - e non venirne schiacciati - senza una dose di dilettantismo? «Cercate voi stessi le regole e poi seguitele»: ma questo motto dell'arte moderna convive con l'incertezza e la precarietà e sconfina talvolta nella tragedia.
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