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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2017
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Molto bello e accurato, una delle pagine della nostra storia poco conosciute, molto interessante.
Il fenomeno della diserzione non c'è stato solo nella prima guerra mondiale, quando Cadorna e altri comandanti europei ricorrevano spesso alla decimazione pur di combattere il fenomeno. Nel secondo conflitto, nonostante la boria guerresca del fascismo, l'Italia andò alla guerra impreparata, con armi vecchie, uniformi e scarpe da terzo mondo e con ufficiali di grado elevato o fanatici o incompetenti. Da tutto questo Franzinelli trae un lavoro come sempre documentatissimo.
Recensioni
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Furono più di mezzo milione i disertori italiani durante la prima guerra mondiale. Molti meno nella seconda, per la spietata azione di controllo condotta dal fascismo. Resta il fatto che in realtà se ne verificarono centinaia, sui vari fronti. Pertanto, quest’ultimo studio rimedia non solo a una mutilazione della memoria nazionale, ma anche all’autorappresentazione mendace della guerra che da noi si impose dopo il 1945. Attraverso circolari, lettere, atti processuali, viene qui ricostruito quello scenario, suddiviso per fasi, tipologie, ambiti territoriali. La brillante narrazione è costellata di squarci biografici che dischiudono interi universi umani, senza che mai si affievolisca la coralità del quadro. In particolare, sono costanti i rimandi allo stato di popolarità del regime fra soldati e civili, sempre più precario con l’avanzare del conflitto. Nell’esercito il disincanto, l’amarezza, la disperazione sfociarono presto nel disfattismo, nell’autolesionismo, nella diserzione. I comandanti stentarono a debellarli, nonostante gli informatori e la milizia. La diserzione durava mediamente un paio di settimane. C’era chi disertava per necessità familiari, per amore o “vizio parziale di mente”, numerosissime le diserzioni di frontiera, frutto d’una licenza, anche perché un minuto dopo le 48 ore si diveniva automaticamente disertori e la condanna in contumacia era a otto anni. Le diserzioni sul fronte balcanico risultarono le più frequenti e non pochi militari italiani confluirono nella Resistenza locale.
Nell’epilogo l’amaro paradosso venuto a materializzarsi dopo la Liberazione, quando una pioggia di processi si riversò non sui fascisti, salvati dall’amnistia, quanto sui disertori di quella guerra che il fascismo aveva prima scelto di combattere e poi perso. Così lungo l’arco dei decenni, mentre burocrati e prefetti fascisti rimanevano ai loro posti, gli unici a essere chiamati in giudizio furono loro.
Recensione di Daniele Rocca.
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