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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2025
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Una storia fantastica, cruda e reale! Bellissima!
La protagonista è Nora ma insieme a lei c'è tutta la storia della schiavitù, storia che dovremmo conoscere ma che con grande facilità tendiamo a dimenticare, lei ci racconta cosa ha passato e cosa ha visto mentre cercava di percorrere questa misteriosa ferrovia sotterranea che veniva utilizzata dagli abolizionisti per aiutare gli schiavi a fuggire , c'è tanta forza in questa storia e anche tanto dolore, consiglio la lettura per conoscere e per non smettere di dimenticare.
Libro commovente e avvincente
Recensioni
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La ferrovia sotterranea, ambientata nell’America schiavista di metà Ottocento, è una storia di oggi. (...) Con questo ultimo libro, che ha vinto i due più importanti premi americani, il Pulitzer e il National Book Award, Colson Whitehead ha guardato dritto negli occhi il razzismo, che con tutte le sue svariate, infide incarnazioni, ancora affligge la nostra epoca. Dopo sette libri e diversi anni di studio e preparazione, Whitehead ha deciso di fronteggiare la pagina più scura della storia del proprio paese regalandoci un romanzo potente, che ha appassionato lettori illustri come Barack Obama e Oprah Winfrey e che ha già riscosso, meritatamente, grande attenzione anche in Italia. La ferrovia sotterranea è, senza mezzi termini, un bellissimo romanzo. Whitehead ha intrecciato con grande sapienza la ricostruzione della tragedia storica a elementi prettamente letterari. Il lavoro di ricerca che l’autore ha compiuto leggendo i memoirs degli schiavi gli ha permesso di rendere con grande realismo la vita della schiava Cora, figlia e nipote di schiave. Il suo tragitto di fanciulla ribelle, abbandonata da una madre che pare essere riuscita a fuggire nel mitico e libero Canada, è infatti segnato dalle tappe fondamentali di una iniziazione alla vita adulta e all’emancipazione politica. I capitoli, come tappe di un duplice viaggio, interiore ed esteriore, portano la protagonista a conoscere la più varia umanità. Bianchi e neri le mostreranno i vari volti dell’odio e della possibile amicizia. Nel frattempo Cora impara a leggere, amare, a sentirsi libera e, per paradossale conseguenza, a sentirsi prigioniera. (...). Whitehead ha ancorato questo racconto non solo nella storia, ma ha gettato arpioni anche nel mito e nel fantastico. (...) Con un colpo di genio, Whitehead ha trasformato la metafora della “ferrovia sotterranea” – una rete di abolizionisti realmente esistita – in una cosa reale. Questa intuizione non solo dà forma e ritmo al libro, i cui capitoli alternano le diverse stazioni raggiunte da Cora ai “ritratti” dei personaggi principali da lei incontrati per strada, ma immette la sua protagonista nel grande mito fondativo dell’identità americana. Nel cinema e nella letteratura americana la ferrovia è un simbolo immancabile del grande, utopico West. Lì, ai confini con il western, sfocia il viaggio di Cora, inedita pioniera di colore, schiava liberata che diventa tassello essenziale per la costruzione della nuova società americana. Anche noi siamo chiamati a fronteggiare nuove servitù e la nascita di una nuova realtà sociale. Forse la storia di Cora può aiutarci a capire da che parte stare.
Recensione di Stefano Moretti
Nella Georgia della prima metà dell’Ottocento, la giovane schiava nera Cora superando le proprie paure, non avendo più nulla da perdere, decide, come aveva fatto la madre Mabel prima di lei, di tentare la fuga dalla piantagione di cotone in cui vive in condizioni disumane, sottoposta alle peggio angherie, e comincia il suo viaggio verso la libertà. Servendosi di una misteriosa ferrovia sotterranea, Cora fa tappa in vari stati del Sud dove la persecuzione nei confronti dei neri imperversa crudele.
L’idea della ferrovia sotterranea, mai realmente esistita (è bene dirlo) è una trovata affascinante: rende appieno l’idea di una strada di ferro, solida, una linea retta potente che lavora rumorosamente nascosta agli occhi dei più, come faceva la rete di aiuto con i fuggiaschi neri per portarli in salvo. Congiunge il punto di partenza, al buio, sotto terra, quando sei schiavo, a quello di arrivo, dove sei una persona nuova (letteralmente con un’altra identità) e – forse – puoi respirare a pieni polmoni. Nel libro la ferrovia esiste: è una linea servita da treni che unendo stazioni nascoste, spoglie o arredate, porta lontano dalle piantagioni. Ma non ci sono orari o destinazioni precise per affrancarsi dalla schiavitù.
La ferrovia sotterranea racconta la avventure di una donna braccata, in fuga, che deve rinunciare alla propria identità per restare libera. Il romanzo è una sequenza di avventure, incontri in chiaroscuro, personaggi buoni e personaggi malefici. È come se i vari personaggi salissero a bordo del treno ad una fermata per scendere a quella successiva. Ne restano impressi pochi: ad esempio il cacciatore di taglie Ridgeway che deve trovare Cora per lavare l’unica onta subita in anni di onorata carriera (ovvero la fuga riuscita della madre di Cora), il bambino inquietante al seguito di Ridgeway.
È sì un romanzo che parla della schiavitù dei neri d’America, della crudeltà e della cattiveria umana, dei pregiudizi e della perdita dell’innocenza…. ma non è un semplice romanzo storico: è anche un libro sulla resistenza, sulla resilienza e sulla speranza, che stimola la riflessione su cosa significhi davvero libertà, senza fare la morale. Rimane impresso il capitolo in cui Cora è finalmente riuscita a scappare e seminare i suoi inseguitori, trovando rifugio presso una coppia di bianchi che cercano di aiutarla….ma la confinano per giorni all’immobilità più assoluta in una assolata angusta soffitta: niente rumori, nessuna parola, nessun movimento. Può chiamarsi libertà? “Essere liberi non aveva nulla a che fare con le catene o la quantità di spazio a disposizione”.
Questo libro è per chi è forte di stomaco, per chi ama le fotografie senza filtri, per chi ha un una frase di Nelson Mandela tatuata e ha ricominciato da capo più volte. Agita, scuote ma in qualche modo le emozioni sono messe al riparo dalla scrittura di Colson Whitehead che è controllata, distaccata anche quando racconta le scene più cruente. Niente pathos. E per fortuna, perché immedesimarsi anche solo per un minuto in Cora costa parecchio.
Colson Whitehead ha vinto il premio Pulitzer e il National Book Award nel 2017 per questo romanzo.
Recensione di Patrizia Carrozza
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