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Anno edizione: 2020
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Bellissimo
"Più di vent'anni sono passati. Addio, o figlio del farmacista. Sei passato su questa terra, di te dicesti come meglio hai potuto. In ogni tempo ci può essere amore e libertà." (p. 14) In queste poche parole che chiudono la breve "Introduzione" scritta dall'autore per l'edizione Vallecchi del 1963, in fondo, c'è tutto Mario Tobino. Basta rileggerle con attenzione. "Più di vent'anni sono passati". "Il figlio del farmacista" è la prima opera narrativa dell'autore viareggino e risale al 1942. In quell'anno un Tobino poco più che trentenne e dunque per l'epoca più che adulto ricorda la propria giovinezza in pagine piene di lirismo e di autenticità. "Addio, o figlio del farmacista". L'intero romanzo (ma il termine è improprio) vede un continuo dialogo tra l'io narrante e l'immagine ora reale ora evanescente del giovane Tobino, mai chiamato per nome ma con il senhal "il figlio del farmacista", quasi uno stigma o un segno del destino che lo porterà a essere poi "medico di manicomio" per tutta la vita. "Sei passato su questa terra, di te dicesti come meglio hai potuto". Per Tobino la vita va vissuta con un misto di entusiasmo e di umiltà, e la "poesia" è in ogni cosa, va soltanto colta con uno sguardo puro o nella commozione del ricordo. "In ogni tempo ci può essere amore e libertà". La giovinezza dell'autore coincise quasi totalmente con il ventennio fascista, ma l'autore non smarrì mai la fiducia nell'uomo e la capacità di mantenere libertà di pensiero e amore per la libertà. "La città si illuminò, e gli accadde di alzare la testa verso i tetti: sopra le pietre di un vecchio palazzo c'era la polvere d'oro; sembrava che lungo quelle pietre ci avessero dormito angioli, di quelli che stanno in cielo." (p. 77) Da leggere d'un fiato, come ogni opera del genio gentile di Viareggio. A Mario Tobino, i cui occhi vedevano l'oro.
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