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Anno edizione: 2019
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Il rapporto che si stabilisce tra un alunno e l'insegnante è molto particolare, un insegnante non deve solo trasmettere conoscenza ma diventa una figura di riferimento per l'alunno, cerca di capire i suoi problemi esistenziali e cerca disperatamente di risolverli. Ecco in questo romanzo una insegnante di scuola media si trasferisce dal nord Italia in una scuola del quartiere CEP di Palermo, un quartiere degradato dove povertà, violenza, prostituzione, fame, delinquenza regnano sovrani. Eppure i ragazzi capiscono che l'unico modo di evadere da questo mondo è quello di studiare e cercare di migliorare il loro stato sociale. Ma non tutti ci riusciranno. Ma come è bello rivedere dopo anni i propri alunni ormai adulti, maturi e sistemati, un insegnante non dimentica mai i propri ragazzi a cui a dedicato anni della propria vita, specialmente quelli più deboli. Romanzo che tratta argomenti tristi ma purtroppo reali ma apre alla speranza che qualche ragazzo riesca a trovare da adulto un mondo migliore.. Romanzo scritto in maniera fluida ma che tratta problematiche non nuove.
Bellissimo, un libro che regala molte emozioni e tanti spunti di riflessione. Scritto bene, coinvolgente e crudo ti tiene incollato fino all’ultima pagina. Consiglio moltissimo.
I Fiori di Francesca - come li chiama lei - mi hanno fatto venire una rabbia sorda e una fame di vita. Ogni voce è un peccato che ognuno di noi si lascia dietro quando chiude gli occhi e va avanti per la propria strada. Questo libro ci obbliga a vederli tutti, a ricordare. A me, che esattamente come lei scrivo e insegno, ha ricordato una supplenza di mille anni fa. In una classe di otto alunni, ognuno di una nazionalità diversa. Nessuno aveva i libri, parlavano apposta otto lingue diverse. Con un'ingenuità di cui ancora mi vergogno, una volta ho chiesto: "Ma strano no? Come mai siete finiti tutti nella stessa classe?". Il bambino indiano ha puntato i suoi occhi liquidi nei miei e ha detto: "Professoré, noi siamo la spazzatura della scuola". Quel giorno ho fatto fatica a non piangere in classe. Il brutto. Il bello lo conserverò per sempre. Forse è il motore che ancora oggi mi spinge in classe. Che mi ci butta proprio. I banchi a isola, tutti vicini a disegnare sui quaderni e a scoprire la bellezza dell'arte sulle fotocopie che gli portavo. Inventavo per loro storie bellissime pur di fargli imparare qualcosa. Un solo album dei calciatori che abbiamo completato e custodito come il più lucido dei tesori. Il nostro premio di fine lezione. La cosa che più li ha avvicinati agli altri bambini. Quelli normali. Francesca scrive che nessuno ci prepara davvero per questo. Ci insegnano nozioni di pedagogia, psicologia, ma alla fine ti ritrovi in una guerra di trincea. Solo chi insegna lo sa. Questo libro dà voce alle vite perse, a quelle che ancora hanno voglia di urlare. Forse scuote le coscienze. E lo fa con una voce semplice e nitida, spietata come la verità.
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