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Anno edizione: 1999
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Cosa non ti aspetti dal Liga. Raccolta di racconti piena di metafore e fatti vissuti. Bellissimo il racconto "la testa di pesce gatto". Raccapricciante quello della Cianciulli, simpatici e scanzonati quelli sugli amici. Consigliato per chi cerca una lettura non impegnativa che faccia comunque, ogni tanto, riflettere.
Semplice, immediato, bello, scritto con la bocca dello stomaco prima che con il cuore, senza doppi sensi, senza pretese, senza polpette di saggezza. E' una raccolta di racconti di una persona normale, che fa il mestiere di cantante, e forse non si rende ancora conto nemmeno lui della notorietà che ha. Qui la qualità non centra, è uno spaccato della sua vita e di quella di tante altre persone. Lui ha avuto la possibilità di farlo diventare un libro, ed ha fatto bene a scriverlo, se questo si chiama approfittare della notorietà per sondare altri campi, ben venga. Teniamo botta!
Un libro molto particolare. Un libro Rock. Un libro che o si ama o si disprezza.
Recensioni
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scheda di Lanfranco, C., L'Indice 1997, n.11
È in una quarantina di brevi racconti, ritratti veloci, frammenti di storie che Luciano Ligabue, cantautore rock abituato alle folle di spettatori, racconta l'angolo di Emilia da cui proviene e a cui torna, quando può. È l'Emilia casareccia dei locali dove si balla il liscio, del Bonanza che trascorre la vita al cinema e, a fine film, rifà per la strada le scene madri, sparando all'impazzata o improvvisando mortali colpi di kung fu, del Condor che conosce a memoria tutti i tipi di treni, locomotive, carri merci che passano per la Verona-Brennero, delle zie che hanno fatto la Resistenza, dei pranzi di nozze con trecento invitati e il sosia di Elvis che balla sui tavoli. Ligabue racconta con tenerezza e divertimento, con tristezza talora, le storie della gente accanto a cui è cresciuto, le violenze e le allegrie. Altri frammenti sono dedicati alla vita musicale di Ligabue, ai concerti negli stadi, ai compagni di tournée che, finito di smontare il palco, vanno in cerca di donne. Riecheggia talora in queste pagine l'eco del primo Tondelli, cui è peraltro dedicato un ricordo affettuoso: un Tondelli addomesticato e ingentilito però, privo di quell'inquietudine selvatica che abbiamo letto nelle pagine di "Altri Libertini", un Tondelli, se mai, visto come ispiratore, lui per primo ad aver colto, di quell'Emilia provinciale e apparentemente un po' sonnolenta, la tristezza sotterranea e disordinata. Le pagine migliori del libro di Ligabue sono dedicate ai personaggi che caratterizzano la vita di paese, pagine talvolta di vivido divertimento, come quelle sull'irresistibile vecchietto reduce da una guerra d'Africa sempre più lontana nel tempo e sempre più affollata, nell'instancabile raccontare del protagonista di eroismi impressionanti, leoni enormi sbudellati con una mano sola e aerei abbattuti a pugni dall'eroe arrampicato su una palma. Meno bello e coinvolgente il libro quando invece racconta dei concerti e della vita sul palco: l'inevitabile retorica del rock prende un poco la mano all'autore, sia quando racconta dei concerti degli altri, quelli visti dal parterre, sia quando descrive i suoi e tenta di trasmettere al lettore le emozioni che prova, il dispiegarsi dell'energia durante la musica, la forza che si libera gridando in un microfono. La lingua dei libri e quella delle canzoni sono cose diverse; non sorretta dalla musica, quest'ultima occupa la pagina con eccessivo rumore, diventa ingombrante e, alla fine, un poco stonata.
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