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Quando leggo un romanzo sono tre gli elementi che mi interessano: il racconto, la scrittura, il coinvolgimento emotivo. Questo noir non è riuscito a coinvolgermi, anzi, quindi ho abbandonato "Il gioco degli opposti" dopo il truce inizio per due giorni a differenza degli altri romanzi che leggo prima di qualsiasi altra cosa. Non sapevo se continuare a sciropparmi assassini così efferati o troncare. Ho ripreso perché Enrico Pandiani mi aveva chiesto un parere. RACCONTO A Sofia un suicidio apre una serie di delitti spietati. Un ragazzo chiede dell’ispettore Dimitrov a cui consegna una chiavetta USB che contiene il filmato di un brutale omicidio e un biglietto con un nome "Ansaldi", poi si toglie la vita. L'ispettore bulgaro Dimitrov, antipatico e corrotto, indaga e il commissario Ansaldi di Monteverde a Roma con la sua vice con partono per Sofia, mentre il resto della squadra lavora in stretto collegamento dall'Italia. La ricerca del pazzo integralista non è semplice. SCRITTURA La scrittura precisa si avvale di metafore interessanti, ma non basta per attrarre una lettrice appassionata e critica come me. Il romanzo si snoda in 540 pagine con lungaggini che poco servono per creare curiosità come accade nei noir: un conto è suscitare aspettative, altro e allungare il brodo. Ho scritto più volte, ma lo ripeto: uno scrittore che si rispetti deve essere intrigante, ma non inquinare con digressioni inutili! I capitoli sono brevi (lo considero un elemento positivo), ma non hanno titolo, né indice. Nel finale c'è un po'di confusione. Per fortuna che Leopardi mi farà respirare! 🌸
Nuova puntata della serie dei cinque di Monteverde. Suspense, comicità, colpi di scena continui e personaggi a cui risulta impossibile non affezionarsi. Se si aggiunge una scrittura di alto livello non si può che dare un giudizio ampiamente positivo. (Consiglio di leggere prima Formule Mortali, ma non è indispensabile). In attesa della prossima avventura dei 5.... cinque stelle, voto 8/9
Normali poliziotti in servizio nel commissariato del quartiere Monteverde in Roma, perciò noti come i cinque di Monteverde, sono i protagonisti di un romanzo riuscito davvero bene, brillante, efficace, molto preciso e perciò indicativo di una applicazione lunga, diligente e laboriosa, alterna cifre di ironia e serietà, di azione e sentimenti, di debolezze e rigidità. Il commissario Biagio Maria Ansaldi e poi tutti gli altri membri Eugene Loy, Leoncini, Di Chiara, Caldara prima e Alerami poi sono graditissimi dai lettori, sono catalizzatori che annullano le scorie di formule mortali, non esitano a calarsi nel più nero degli abissi del male, si aggirano come delfini tra i pescecani. I romanzi di Morlupi avvincono per la loro complessità e semplicità ad un tempo, sono un ripetersi dell’eterno conflitto del Bene contro il Male, con un inizio ed una fine, un Alpha e Omega, lealtà e crudeltà, i suoi paladini si cimentano contro i cattivi, esattamente come accade nella realtà, talora anche soccombenti, come capita all’agente Caldara. Un noir poderoso, ben scritto, ottimamente strutturato, che avvince il lettore con continui colpi di scena e capovolgimenti di fronte, c’è di tutto in questo tomo grandioso, il lettore appassionato del genere apprezzerà tutto quanto il romanzo contiene, tutto ed il contrario di tutto, scene di tensione, suspense, episodi degni di uno spettacolo di grand guignol sanguinoso e raccapricciante, la rievocazione dei peggiori incubi da sepolti vivi d’epoca vittoriana, corse contro il tempo, conti alla rovescia, sparatorie e combattimenti all’arma bianca, poliziotti buoni e poliziotti cattivi, amore e contramore, informatica, deep web, e pizzini crittografati, finanche riferimenti alla peste nera medievale o alle più recenti pandemie. Tutto termina con un lieto fine, appaga e soddisfa, la neve della tensione si scioglie al sole, le colline ritornino a fiorire, ricoprendosi di un brillante manto erboso, un Monteverde, appunto.
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