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Un viaggio a due voci, una storia raccontata a due voci. Le due voci sono quelle di una madre e un figlio, quelle di Concita De Gregorio e del figlio Lorenzo. Due anime non particolarmente loquaci che cercano di intrecciare i fili del loro rapporto e della memoria e lo fanno attraverso il linguaggio delle parole. L'isola del titolo diventa il luogo di incontro tra una madre e un figlio che, per troppo tempo, sono stati distanti, ma anche delle storie e dei racconti che qui si svolgono. Una madre e un figlio che comunicano forse per la prima volta grazie al potere straordinario della parola, il collegamento per non perdersi proprio in quell'isola che li protegge e dove il tempo pare essersi fermato e tutto acquisisce un nuovo significato.
La cosa più bella del libro è il concetto della scrittura come il "Lego più grande del mondo", alla portata di tutti e con cui si possono costruire tanti mondi di possibilità. La De Gregorio rivela di aver scritto questo libro insieme al figlio quindicenne che ha conservato nella memoria tutta la storia fin da quando, a sette anni, aveva iniziato a giocarci con suo nonno e che ad un certo punto, temendo di perderla, le ha chiesto di scriverla insieme. A me pare una bella cornice simpatica ed edificante ma poco plausibile! Non si tratta proprio di un romanzo ma di vari racconti (che si possono leggere anche in modo autonomo) che hanno tutti per sfondo una ipotetica isola sperduta da qualche parte nel mondo. Ma non c'è una vera storia forte alla base. Un susseguirsi di personaggi variegati e situazioni più o meno plausibili debolmente legati tra loro da un Gatto e un Corvo che vorrebbero simboleggiare l'idea di Destino e Caso nelle vite umane.
Librino fresco e furbetto ma che si lascia leggere
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