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Anno edizione: 2015
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Il piccolo libro del cardinale Ravasi costituisce una introduzione al tema complesso del perdono, che sta al centro del messaggio evangelico. L'autore tratta in brevi capitoli la connessione tra memoria, psicologia, terapia e perdono. Lo spunto più interessante ritengo sia nelle parole in cui Ravasi afferma che il perdono, pur attuandosi in pienezza in una dimensione trascendente, trovi le proprie radici all'interno della stessa natura dell'uomo, che può superare il semplice metro della giustizia e della retribuzione.
Sua Eminenza il Cardinale Ravasi, biblista di fama internazionale e Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, si confronta in questo libriccino (uno delle dieci pubblicazioni date alle stampe solo nel corso di quest'anno) con il complesso tema del perdono. E lo fa con il consueto sfoggio di erudizione, che spazia dalle Scritture alla filosofia contemporanea, non disdegnando però proverbi, citazioni e aforismi (come quello, celeberrimo, di A. Pope: "errare è umano, perdonare è divino". O l'altro di La Fontaine; "Perdoniamo tutto a noi stessi e nulla agli altri"). Arcinote sono le raccomandazione evangeliche di Luca ("perdonate e sarete perdonati") e di Matteo ("perdonare fino a settanta volte sette"), meno conosciute le esortazioni dei profeti dell'A.T., dei Salmi, e della sapienza rabbinica. Secondo Ravasi, il perdono è "un atto trascendente la pura e semplice etica razionale...è una potenzialità che fa varcare il ristretto circuito ell'ego...fa sì che dal semplice meccanismo della giustizia si possa passare gratuitamente al regime dell'amore". Non è detto che per arrivare al perdono si debba obbligatoriamente dimenticare o cancellare il male ricevuto, anzi la vera virtù consiste nel saper perdonare proprio ricordando, consapevoli della propria sofferenza, dell'ingiustizia immeritatamente subita. Ma dovremmo essere capaci di cauterizzare la nostra ferita liberandoci dall'incubo di una memoria sofferta, sgravandoci del peso soffocante che ci inibisce pensieri e azioni, e ci rinchiude nel cerchio angoscioso della volontà di rivalsa, o addirittura di vendetta: "il perdono spezza la catena rigida del dare-avere e introduce la logica della donazione libera e generosa". Chissà però se anche i cardinali più illustri hanno l'umiltà di chiedere perdono a chi hanno offeso, infangato pubblicamente, calunniato dall'alto di un pulpito o dalle colonne di prestigiosi giornali, seguendo coerentemente le loro stesse indicazioni di carità fraterna e cristiana.
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