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Inutile, con Nabokov non riesco mai ad essere oggettivo! Questo libro è semplicemente geniale: per idea, per stile (una meraviglia!), per impostazione. Non è sicuramente uno degli scritti che consiglierei a chi si avvicina a questo autore per la prima volta, anzi! Vi dirò che in alcune parti anche io l'ho trovato ostico ma, sia chiaro, mai pesante. Il fatto è che il caro Vladimir è coltissimo ed è uno che nella sua cultura gode a sguazzarci, fregandosene bellamente se noi poveri lettori non riusciamo a stargli dietro ( ma ogni sua opera è una delizia, un bocconcino! Gli si perdona tutto). La storia si divide in sette parti, corrispondenti ad altrettante fasi della vita di Vadim; ogni fase è scandita da un amore e dalle varie pubblicazioni che, di volta in volta, si riveleranno successi o fiaschi clamorosi. Ed il lettore, ammaliato, innamorato, divertito, ormai vinto non può fare che sospirare e godersi il viaggio...
Si tratta di un testo di notevole interesse, tra il falso documento autobiografico e la confessione autocritica e catartica. Per essere un autore che notoriamente non ha mai creduto nella psicoanalisi, Nabokov ci ha regalato non pochi momenti di curiosa apertura del suo Io, squarci di luce improvvisa e parziale sulle sue zone buie, chiarimenti che non chiarivano ma incrementavano l'interesse per la sua problematica personalità. Parla sempre di sé, anche quando è evidente che sta solo giocando con questo suo alter ego e alter nomen. Ad esempio, laddove fa affermare al suo protagonista di essere riuscito a «trascendere il cavalletto della tortura e lo strappo richiesti dalla metamorfosi letteraria» (p. 140) sta in realtà seducendo il lettore e cercando di trascinarlo nella vicenda chiedendogli la cortesia di non fare troppe domande.
Un "io" ingombrante, nevrastenico e autoreferenziale che assomiglia all'autore tanto da confondere le carte e le idee. Discontinuo e pieno di rimandi a persone e personaggi,alla lunga stanca un po'.
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