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Anno edizione: 2020
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Bravo Gianni, sono d'accordissimo con te. Ho comprato questo libro perché ero interessata alle strutture posticce di cartone innalzate per coprire l'Italia che non si voleva far vedere all'illustre visitatore; poi ero curiosa di saperne di più sull'imbianchino austriaco di fronte alle opere d'arte, e invece mi sono ritrovata con l'ennesima rivisitazione delle tesi defeliciane...
Opera in stile Cardini: coltissima, mordace, di piacevolissima lettura (interessantissimo il cap. 7). Ma le pagine finali tracciano un'interpretazione complessiva delle res gestae del duce, più che del fascismo, discutibilissima: "M" fu l'unico vero interprete di un Risorgimento nato male, in sostanza, per aver scartato la linea federalista. Insomma, si tratta del recupero in formato "alto" di un mantra classico: Mussolini ha fatto anche cose buone. Almeno fino a quel disgraziato '38: sia ben inteso, dicono gli autori (o al '36, retrodatano con maggior prudenza a p. 228) . L'idea che una temporanea dittatura si poteva anche sopportare in vista di fini più alti o la convinzione che Mussolini, in fondo, fu buon stratega e brillante amministratore - che fece solo l'errore di entrare in combutta con Hitler e di volere le leggi razziali - sono, più che opinabili, urticanti. Lo vadano a dire, gli autori, ai Gobetti, ai Pertini, ai Rosselli, agli Amendola, ai Matteotti, ai Turati (Filippo, non il decantato Augusto), ai Gramsci, ai Nenni, agli etiopi gassati: tutta gente confinata, messa in galera o ammazzata prima del fatidico '38 (oppure fu tutto rose, fiori e olio di ricino solo fino al '36?). Lo vadano a dire alla generazione dei miei nonni che tiravano a campare, che si ammazzavano di fatica e che alla buona scuola di Gentile i figli li poterono mandare solo fino a dieci anni, quel tanto che bastava per andare poi a servire il padrone della terra. L'esercizio di ucronia (facciamo finta che "M" fosse morto nel '35: oggi sarebbe un padre della patria con tanto di vie, piazze e monumenti, scrivono gli autori) è divertente, ma solo per il gusto della provocazione, dell'iperbole anticonformista. Il fascismo, in fondo, fu ed è in una battuta di "Vogliamo i colonnelli" di Monicelli: fummo fascisti per convinzione (pochissimi), per convenienza (la stragrande maggioranza), per paura (molti). Il resto è fine accademia. E l'accademia i miei nonni non sapevano neppure cosa fosse.
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