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“L’ idiota” di Dostoevskij è senza dubbio un romanzo eccezionale, profondo ed evocativo. La maestria nel tratteggiare i personaggi, tipica dello scrittore russo, non viene qui certo disattesa. La figura del Principe Myskin è certamente una tra le più affascinanti e suggestive; a mio avviso resta però un’aura di indecifrabilità nei suoi gesti; mi spiego meglio: la domanda è: “La bontà (o meglio lo splendore) del Principe, è tale punto e basta, oppure questa magnanimità sconfina talvolta in semplice ingenuità?”. Forse la risposta più plausibile è che il Principe sia tanto buono quanto ingenuo, e nulla sembra confutare questa interpretazione, tuttavia, in tal caso, lo splendore con cui Dostoevskij vorrebbe ammantare il protagonista verrebbe un po’ offuscato. Per quanto riguarda le relazioni che il Principe intrattiene con i numerosi personaggi dell’opera, queste si possono definire intense, ma allo stesso tempo inconcludenti: il protagonista non riesce a insinuare neanche un barlume di bontà a chi lo circonda, non che questo fosse un suo obiettivo, come giustamente sottolinea Mauro Martini nella introduzione al libro, resta però un certo sconforto nel lettore, quasi che tutto “il buono” emanato dal Principe resti campato in aria pronto a dissiparsi immediatamente. Una cosa è certa: tutti i personaggi che gravitano intorno al Principe perseguono fini egoistici ed opportunistici, la stessa Nastas’ja Filippovna che sembra volere evitare di sposare Mjskin per non cagionargli sofferenze, probabilmente si comporta in tal modo per un proprio bisogno paradossale, quasi masochistico: quello di continuare ad essere una donna “dannata”. In ultimo vorrei evidenziare la bellezza straordinaria delle pagine contenenti la “spiegazione” di Ippolit: strazianti, oniriche, meravigliose.
Ci sarebbe da dire molto su questo romanzo ma mi soffermerò su quello che non manca mai di colpirmi in Dostoevskij e cioè la sua sconfinata capacità di caratterizzazione dei personaggi. Ne nascono delle macchiette indimenticabili, come la generalessa o Lebedev ad esempio. Leggendo, sembra che questi prendano vita e ci accompagnino fino alla fine. Spenderei poi qualche parola sul principe. E' un personaggio per molti aspetti controverso: intelligente, viene definito idiota, non solo a causa della sua malattia, ma per i suoi atteggiamenti fuori da comune; affascina i cuori con la sua bontà ma non riesce a "convertire" nessuno; lo si ama ma è fonte di imbarazzo e spesso si vorrebbe non averlo tra i piedi. Lui stesso ama e non ama, vorrebbe e non vorrebbe, si vergogna di sè premurandosi di rimanere nell'ombra e poi se ne esce con monologhi assurdi senza ritegno alcuno. E' capace, tra l'altro, di risvegliare sentimenti contrastanti anche nel lettore: lo si ama e lo si odia, si prova pietà per lui e poi lo si detesta per la sua irrimediabile ingenuità e per la sua irriducibile fiducia nel prossimo. Certo è che di fronte a lui nessun' altro personaggio si salva, nel senso che da tutti, più o meno marcatamente, scaturisce "il male", caratteristica questa che non sembra nemmeno sfiorare il principe. La cosa più bella del romanzo? A mio avviso il finale tragico e doloroso dal quale non scampa nessuno dei personaggi principali.
Che dire? Romanzo esemplare. Volete capire cosa si intenda per romanzo "capolavoro"? A voi "L'Idiota". Dostoevskij mi ha intrappolato! Per la precisione le pagine di questa edizione sono 477. Altre edizioni superano le 700 pagine! Leggetelo!
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