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Questo libro, scritto e pubblicato in occasione del centenario dall’entrata in vigore della Legge n. 1176 del 17 luglio 1919, recante “Norme circa la capacità giuridica della donna”, oltre ad essere utile, era necessario. Si tratta della legge meglio conosciuta per aver annullato l’autorizzazione maritale, l’istituto secondo il quale la moglie doveva essere autorizzata dal coniuge a compiere gli atti di natura patrimoniale e non solo. L’istituto dell’autorizzazione maritale sanciva l’inferiorità della donna nella società, tanto che la soprarichiamata legge apre alle donne le porte di tutte le professioni e degli impieghi pubblici, eccezion fatta per la magistratura e la carriera militare. Ciò detto, siamo di fronte a una legge importantissima per il nostro ordinamento giuridico, anche se per varie ragioni, richiamate nel libro, non ha mai avuto vita facile, nel senso che all’epoca non suscitò particolari entusiasmi, e nel centenario è passata quasi inosservata, come spesso volta accade per le grandi innovazioni sociali. Il libro è incentrato sul dibattito che ha portato all’emanazione della legge, svoltosi peraltro fra soli uomini in un Parlamento nel quale le donne non potevano votare, che ci riporta ad un’atmosfera profondamente lontana, talvolta anche incomprensibile, ma indispensabile per comprendere la portata innovativa della Normativa del 1919. Il libro rende giustizia innanzitutto alle donne, ma anche agli uomini che hanno creduto nell’importanza dei passi che si stava per compiere per ammodernare il nostro Stato, primo fra tutti quel Lodovico Mortara che, nella veste di accademico, magistrato e Guardasigilli, creò un autorevole precedente con la famosa sentenza del 1906 che autorizzava dieci donne all’esercizio del diritto di voto. L’autorizzazione in discorso durò solo dieci mesi, comunque sufficienti a lasciare un segno. Il testo è un viaggio nella Memoria di un Passato che andrebbe approfondito, anche per affrontare talune problematiche del nostro tempo.
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