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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Anzitutto vale la pena porre una premessa importante: il libro di Pievani, contrariamente a quanto il titolo lascerebbe supporre, non è un manuale di Filosofia della biologia; per di più va specificato che la riflessione filosofica è del tutto assente dal testo in questione, che si presenta invece direttamente come un mero profilo storiografico della biologia evoluzionistica da Darwin in poi. Detto ciò, il grave limite di questa introduzione sta anche nell'uso di un linguaggio tecnico e interno alla disciplina biologica, che viene dato per scontato - a tal proposito, per recuperare qualsiasi conoscenza in materia, mi sentirei di consigliare "L'evoluzione" di Douglas J Futuyma (Zanichelli) molto accurato, completo, esauriente e perfetto per l'uso didattico. Tornando invece alla bibliografia di settore filosofico, l'unico vero libro di Filosofia della Biologia disponibile in Italia rimane per ora il Borghini-Casetta edito in tempi recenti da Carocci (escludendo almeno il Ruse, uscito nel 1976 per il Mulino e ormai fuori catalogo).
Non si tratta tanto di un’introduzione alla filosofia della biologia quanto di un resoconto dei più recenti sviluppi della teoria dell’evoluzione. Nonostante lo stile chiaro e rigoroso il libro, per il lettore non specialista, risulta piuttosto impegnativo, a causa della densità concettuale e della stringatezza con cui alcuni argomenti vengono trattati, anche se ripaga pienamente degli sforzi compiuti. Ogni capitolo è seguito da un’utile bibliografia ragionata. Un’ottima guida a uno dei settori più affascinanti della ricerca scientifica contemporanea.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Negli ultimi decenni, sull'onda di straordinari avanzamenti sperimentali e delle loro implicazioni profonde sulla società umana, la biologia è divenuta disciplina di punta, riscattando una lunga sudditanza che nel passato l'ha mestamente confinata a scienza di secondo piano rispetto alla fisica e alla chimica. Questa grande trasformazione si coniuga con l'acquisizione di una maggiore autonomia e con la definizione sempre più matura di una filosofia della biologia, compenetrata nella più ampia filosofia della scienza, ma con una propria identità forte: fu proprio al raggiungimento di tale obiettivo che il grande biologo evoluzionista Ernest Mayr, scomparso di recente, consacrò il proprio lavoro fondativo di ricostruzione storico-epistemologica.
Qualche anno fa, un testo di Elena Gagliasso ( Verso un'epistemologia del mondo vivente , Guerini, 2001; cfr. "L'Indice", anno/n???) fissava i capisaldi metodologici di un'epistemologia della biologia moderna fondata sulla teoria evoluzionistica, tracciando in un certo senso un cammino da percorrere. Così accogliamo con interesse l'ultimo lavoro di Telmo Pievani, filosofo tra i più attivi in Italia nella diffusione dell'evoluzionismo, promotore di iniziative di divulgazione come il Darwin Day, ideatore del sito web Pikaia, e traduttore di molti testi, tra cui l'ultima opera di Stephen J. Gould ( Struttura della teoria evoluzionistica , Codice, 2001, cfr. "L'Indice", anno/n???).
Solo attraverso la definizione di una bio-filosofia, secondo l'autore, si approda a una profonda riflessione bioetica sui temi che animano il dibattito attuale. Perché partire dalla teoria evoluzionistica per sviluppare una filosofia della biologia? Le ragioni sono molteplici. L'evoluzionismo darwiniano è peculiare perchè utilizza strumenti misti e li integra: da una parte c'è l'imprescindibile natura storica dei viventi, contingente, irripetibile e unica, e dall'altra l'approccio sperimentale, basato sulla riproducibilità e mirato a descrivere la realtà naturale con l'approccio delle "scienze dure".
La sintesi evoluzionistica moderna ha potuto di fatto unificare, sia pure con molte forzature, le principali discipline naturalistiche, fornendo una spiegazione unitaria e condivisa delle dinamiche dei viventi: le recenti acquisizioni della biologia molecolare e della genetica dello sviluppo, squisitamente sperimentali, hanno poi radicalmente modificato gli strumenti interpretativi a disposizione, rinforzando, dopo mezzo secolo, il programma della sintesi. "È proprio la teoria dell'evoluzione - si legge nell'introduzione - (...) ad avere offerto ai dati biologici una coerenza complessivamente estremamente potente. Il carattere storico delle scienze del vivente non implica infatti che siano discipline meramente descrittive. (...) I naturalisti non hanno più bisogno di lamentare frustrazioni da 'collezionisti di francobolli'".
Non possiamo infine trascurare che la biologia evoluzionistica, da Darwin in poi, ha dimostrato un dinamismo e una vitalità che hanno ampiamente trasceso le scienze naturali: le sue implicazioni sulla natura e l'origine del genere umano hanno infatti interessato la sfera sociale, filosofica, politica e religiosa, prestandosi quindi a una riflessione teorica intensa e interdisciplinare. Per queste e altre ragioni, l'evoluzionismo si propone legittimamente come chiave interpretativa ed epistemologica di tutte le scienze biologiche e la sua centralità è l'argomento di partenza per questa Introduzione alla filosofia della biologia che, come Pievani dichiara apertamente, è un'introduzione alla filosofia della biologia evoluzionista. Il testo procede per dicotomie divergenti, contrapposizioni che appaiono talvolta irriducibili, di cui tuttavia l'autore scorge attentamente le sfaccettature, con il meritevole obiettivo di evitare descrizioni semplificate e caricaturali delle proposte teoriche: è il risultato di un esteso e aggiornato lavoro di analisi della letteratura anche molto recente, citata al termine di ogni singolo capitolo.
La riflessione sull'evoluzionismo si snoda in tal modo tra puntuazionismo e gradualismo, meccanismi micro e macroevolutivi, centralità genica e visione gerarchica, funzionalismo e strutturalismo. Alcuni di questi temi si possono ritrovare già nell'opera di Darwin, e qualcuno la precede. Funzionalismo e strutturalismo si contrappongono nella comunità scientifica francese di inizio Ottocento, animando per esempio lo scontro tra Geoffroy St. Hilaire e George Cuvier. Il gradualismo era molto radicato nell'impianto concettuale di Darwin, ma non in quello di alcuni convinti darwiniani contemporanei: la teoria degli equilibri punteggiati, su cui Pievani si concentra molto, si pone come un'alternativa alla contrapposizione tra gradualismo filetico e saltazionismo tout court e conferisce una dignità epistemologica nuova alla "stasi" nell'evoluzione, spostando l'attenzione dalla modificazione alla stabilità dei viventi nel corso della storia. Una conseguenza è che micro e macroevoluzione non possono essere più considerate una l'estensione dell'altra, come prevedeva la sintesi; altra importante ricaduta è la visione gerarchica e pluralistica dell'evoluzione, sviluppata in modi differenti, tra gli altri, da Gould, Lewontin, Eldredge e Vrba, a cui si oppone "l'impero geocentrico" di Dawkins, Dennett e Williams. In tal modo l'unità di selezione che per Darwin era l'individuo si estende "in basso" verso il livello genico, oppure verso l'alto, cioè ai gruppi e alle specie.
Tuttavia tali dispute, secondo Pievani, fanno parte di una dinamica totalmente interna al darwinismo, teoria comunque una e soddisfacente, che fa riferimento all'opera di Darwin e ha dato origine alla sintesi moderna come programma di ricerca. Le divergenze, in cui si alternano protagonisti che hanno animato la storia più o meno recente, alcuni dei quali purtroppo scomparsi negli ultimi anni (Gould, Maynard Smith, Mayr), sono intese sostanzialmente come estensioni del programma sintetico: l'unico autentico tentativo di sostituire la sintesi con un impianto teorico alternativo sarebbe stato quello dell'ultimo Gould, peraltro non seguito dallo storico compagno Eldredge. Aggiungerei che potrebbe essere interessante indagare a fondo sul lavoro di alcuni naturalisti e genetisti dell'area culturale russa nei primi decenni del Novecento, i quali sembravano indirizzati a una teoria darwiniana più pluralistica (si veda Gagliasso).
Nel capitolo conclusivo del libro vengono poste a confronto le epistemologie della biologia che si distribuiscono in un ventaglio di posizioni tra il riduzionismo e il pluralismo più radicali. La prospettiva è aperta e positiva perché "pur fra reciproche incomprensioni, il confronto procede. Nuove tecniche e nuovi dati sperimentali si sono aggiunti in questi anni: essi non sembrano decretare vincitori e vinti (...) Chi confonde la vivacità delle dispute biologiche con la debolezza della teoria dell'evoluzione rischia di collezionare ulteriori smentite. Le controversie continueranno e la tensione creativa tra tradizioni teoriche differenti avrà effetti positivi sulla ricerca".
Complessivamente il testo gode di una piacevole scorrevolezza e costituisce un utile strumento divulgativo e didattico spendibile per un pubblico non necessariamente specialistico; d'altra parte gli addetti ai lavori possono trarre utili spunti di riflessione su diversi temi, come il ruolo e il peso relativo della stabilità e della modificazione nei viventi, la delimitazione del concetto di adattamento e il peso di contingenza e direzionalità nel corso dell'evoluzione biologica. La ricerca di un linguaggio comune tra filosofi e biologi sperimentali è una grande sfida. Serve chiarezza e profondità ed è importante evitare approcci basati su una conoscenza stereotipata e generalista, utilizzando semmai le divergenze per operare, laddove possibile, una sintesi che risolva la tensione tra scuole di pensiero.
L'evoluzionismo che ci racconta Pievani affascina perché è vivo e variegato e integra le diverse tradizioni della biologia e delle scienze naturali, assumendo in sé tutte le intime e feconde contraddizioni dello studio della vita. Libri come questo sarebbero una lettura formativa per coloro, soprattutto i più giovani, che praticano le scienze della vita: la biologia sperimentale moderna, con la propria potenza tecnologica e applicativa, è sempre più un Leviatano che divora e risolve problemi e al tempo stesso ne solleva di nuovi e inaspettati, rischiando forse di collassare sotto il proprio peso, senza cioè riuscire a raggiungere, alla fine, una sufficiente consapevolezza di se stessa.
Luca Munaron
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