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Largo all'eros alato! - Aleksandra Kollontaj - copertina
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Descrizione


Diretto alla gioventù lavoratrice sovietica, "Largo all'eros alato!" irruppe nel 1923 con la forza travolgente propria di ogni concreta utopia. Ma non è da escludere che oggi possa risultare perfino più intrigante del Manifesto del partito comunista, l'amore e il rapporto tra i sessi essendo in cima agli interessi di donne e uomini assai più che la lotta di classe.
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Dettagli

2008
24 luglio 2008
77 p., Brossura
9788870186970

Voce della critica

Lenin, mentre nasceva la repubblica dei soviet, aveva tirato le orecchie, in tema di morale sessuale, all'aristocratica e, nel 1917, bolscevica Aleksandra Michajlovna Domomtovic, nata nel 1872, di bellissimo aspetto, sposata con il cugino Vladimir Kollontaj e poi separata e divorziata. Pur essendosi concesso talvolta qualche "revisione" pratica personale, Lenin non aveva del resto esitato a professare una concezione monogamica della coppia, individuando nella liberazione sessuale un fenomeno borghese e decadente. Aveva così accusato Aleksandra, teorica femminista e socialista-libertaria, di anarchia sessuale. L'aveva in particolare rimproverata – lei che pure si era battuta per rendere festivo e femminista-proletario l'8 marzo – di ridurre l'atto sessuale alla bevuta di un "semplice bicchier d'acqua", vale a dire a un facile e comune atto meramente naturale. A lungo, Kollontaj, che pur aveva poi coraggiosamente fatto parte nel 1921 dei dissidenti dell'opposizione operaia e si era opposta alla Nep, divenendo infine nel periodo staliniano ambasciatrice in Svezia, rimase soprattutto celebre per questa accusa, tanto che molti credettero che fosse stata lei a teorizzare il "bicchier d'acqua", senza sapere che il sunnominato bicchiere era un'ingiuria macromoralistica di Lenin.
Largo all'Eros alato!, scritto e pubblicato nel 1923, contrariamente a quel che sorprendentemente scrive il curatore (che lo definisce "incendiario"), è – lo si capisce già dal titolo – un testo per molti versi autocritico, ricco di romanticumi paraprogressistici ottocenteschi, e, benché attaccato dai capoccioni più ortodossi del partito, in linea con la restaurazione culturale e familiare che l'Urss sta vivendo appunto nel 1923, anno della progressiva scomparsa dalla vita pubblica del malatissimo Lenin, nonché anno dell'ascesa di Stalin, segretario del Partito comunista e dittatore assoluto in pectore. La moltiplicazione di rapporti sessuali liberi, e senza reciproci obblighi (l'Eros senza ali), è stato, per Kollontaj, il prodotto inevitabile del disordine della guerra civile nel 1918-21. È ora che il socialismo e il partito riportino ordine e restituiscano alla coppia lo statuto monogamico che è proprio della civiltà proletaria (l'Eros alato), in contrasto con le zozzerie dell'edonismo individualistico e borghese. L'amore, d'altra parte, non è un "fatto" privato, ma un fattore sociale, cosa che i borghesi puttanieri, nelle loro zucche libidinose, non vogliono intendere.
Non manca infine un excursus storico, elementare e ingenuo, sul sesso. A proposito del quale, secondo Aleksandra, nel mondo antico, appena uscito dalle condizioni tribali di vita, sull'amore uomo-donna prevaleva l'amore-amicizia. Kollontaj non cita però mai l'omosessualità (si pensi per il mondo antico all'amore-amicizia tra Achille e Patroclo) e neppure il ruolo claustrocasalingo della donna. Né mai utilizza il testo di Engels Le origini della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (1884). È un testo simpaticamente e tristemente modesto, questo di Kollontaj. Un decisissimo passo indietro, se si vuole. Eppure il curatore, che mai cita la faccenda del "bicchiere", lo paragona al Manifesto di Marx ed Engels. Non dategli retta, per favore.
Bruno Bongiovanni

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