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Legalità, illegalità. Il confine pedagogico - Sergio Tramma - copertina
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Legalità, illegalità. Il confine pedagogico

Descrizione


"Legalità e illegalità non sono concetti astratti: sono presenti e si mostrano nelle configurazioni e nei movimenti di qualsiasi assetto sociale e nella storia di ogni persona. Si distinguono o si confondono, riguardano gli altri o se stessi, in ogni caso costituiscono un elemento fondamentale di ogni vita collettiva e individuale. Non potrebbe essere pensata esistenza alcuna senza legalità, ma sarebbe del tutto illusorio, e probabilmente inopportuno, immaginarla totalmente esente da qualsiasi forma d'illegalità. Affrontare il tema dell'illegalità/legalità da un punto di vista pedagogico-sociale significa porre un'attenzione particolare a quelle dimensioni educative informali, diffuse, quotidiane che con la legalità e l'illegalità si incontrano ripetutamente, generando contraddizioni, criticità e conflitti. Significa, innanzitutto, constatare in quale misura, accanto all'educazione ufficiale alla legalità (praticata e/o auspicata), vi sia un'educazione all'illegalità provvista anch'essa di valori, obiettivi, didattiche formali e informali, e persino di educatrici ed educatori attivamente e proficuamente impegnati sul campo".
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Dettagli

2
2012
19 gennaio 2012
V-152 p., Brossura
9788842098263

Voce della critica

L'avere scritto in copertina le parole "legalità" e "illegalità" senza alcuna congiunzione o segno di interpunzione che le separi e contrapponga indica chiaramente ciò che l'autore vuole argomentare: il confine tra legalità e illegalità a volte è difficile da individuare e da riconoscere. Secondo il dizionario legalità significa "rispetto delle leggi e delle norme vigenti"; ma Gherardo Colombo in Educare alla legalità afferma che legalità significa "rispetto della legge vigente in un determinato territorio in un dato periodo storico". Il concetto di legalità non è quindi un concetto assoluto, ma si è modificato con il variare dell'organizzazione della società. Se tutti i cittadini rispettassero scrupolosamente le leggi vigenti, noi oggi vivremmo in una società armoniosa e prospera? Non è così; certamente andrebbe meglio, perché tutte le indagini sociali denunciano come un male cronico del nostro paese sia la diffusione di forme varie di illegalità, che cresce con la complicità di molti e può contare sulla rassegnazione di troppi, ma, come dice don Ciotti "la legalità esiste davvero solo se la responsabilità individuale si salda alla giustizia sociale". Ancora più esplicito don Milani, che nella lettera ai giudici affermava con passione: "Non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che dovranno tenere in tale onore le leggi da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate". Questa è la "legalità democratica", che esprime la società "orizzontale", cioè democratica, in cui il potere sta nei cittadini che sono consapevoli e capaci di fare valere i propri diritti, indipendentemente dalla propria posizione economica e sociale. A queste osservazioni Sergio Tramma dà corpo con una particolareggiata analisi della società italiana e con una documentazione priva di reticenze. Rispetto all'esigenza di trovare le modalità per contrastare l'illegalità, l'analisi si incentra sul compito della scuola e sul "confine educativo". Da pedagogista, l'autore non si nasconde le difficoltà insite in un contesto che promuove una vera e propria educazione all'illegalità, per imitazione, per constatazione o per adeguamento. I modelli comportamentali diffusi dai mass media favoriscono l'evoluzione negativa della trasgressione adolescenziale, che può passare dalla ribellione alle regole familiari a comportamenti violenti, quali gravi atti di bullismo o di violenze sulle donne. Molti giovani, poi, subiscono il fascino dell'illegalità violenta e della vera e propria educazione messa in atto dalle organizzazioni criminali presenti in tutta Italia. Nel loro contesto i valori da rispettare sono chiarissimi, quali la fedeltà, il rispetto del capo e l'omertà; sono regole che non si possono trasgredire, pena la morte. In cambio il giovane ottiene denaro, potere, appartenenza a un gruppo di comando. Vediamo allora se e come si può contrastare il fenomeno dell'illegalità. Tramma non ha dubbi su quale sia il compito della scuola e su come l'educazione alla legalità debba trasformarsi in educazione alla cittadinanza e alla responsabilità. Di educazione alla legalità si è cominciato a parlare nel 1993 con la circolare Russo Jervolino n. 302, emanata sull'onda emozionale suscitata dalle stragi messe in atto nel 1992 dalle organizzazioni mafiose a Capaci e a via d'Amelio e l'anno successivo a Firenze e a Milano. La circolare insisteva sul tema della contrapposizione tra "comunità", identificate una nell'organizzazione mafiosa e l'altra nella comunità-classe: l'una nera, l'altra bianca. Da questa circolare, generata dall'emergenza, si passò, più di un decennio dopo, a un programma strategico di lungo periodo, con l'insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Oggi non ci sono nella scuola programmi di educazione alla legalità attuati con determinazione e continuità, ma si riscontrano fermenti e disponibilità a discutere e approfondire la tematica della legalità e dell'illegalità. È opportuno che i ragazzi facciano "esperienza di democrazia, piuttosto che essere indottrinati con luoghi comuni sulla democrazia", come dice Chomsky: la finalità più alta della scuola è l'educazione alla responsabilità, che favorisca un approccio critico ai concetti di illegalità e di legalità, delle loro ambivalenze, doppiezze, contraddizioni. Solo così, con un impegno sensibile e consapevole, ci si potrà avviare verso la formazione di buoni cittadini e cittadine. Jole Garuti

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