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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2017
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Raccolta di poesie, con testo a fronte in polacco. Lingua minimalista, lessico tagliente. Frammenti lapidari, non di immediata interpretazione. Al termine della raccolta è presente una postfazione a cura di Marina Ciccarini. Opera interessante. Consiglio la lettura.
Questa raccolta definisce già dall’originalità del titolo (ammiccante sia al genere poliziesco, sia all’attualità informatizzante) il carattere razionale, ironico e definitorio di queste poesie. Del cui stile possiamo dire subito che si manifesta coerentemente secco, asseverativo, puntuale in tutto il libro, scandito com’è da una paratassi rigorosa, frasi nominali, eccedenza di punti fermi, assenza di metafore e scarsa aggettivazione. In questo suo poetare lontano da ogni retorica e sentimentalismo, vicino invece a una sobria e severa narratività, non troviamo però nessuna indulgenza verso il didascalico, anche quando l’ammonimento etico è prevalente. Lo sconcerto della poetessa di fronte all’irrazionalità dell’esistenza, alle crudeltà della storia umana, è la cifra più evidente del suo messaggio poetico: «Il mondo / in cui vivevamo / si chiamava Rebus / e se ne infischiava delle nostre domande», «Non andrà diversamente. / Sarà così come è stato». L’età contemporanea, dominata dal «dio di Internet», assediata da un ipertecnicismo disumanizzante, dalla finanziarizzazione degli scambi interpersonali, ci costringe a un solipsismo senza scampo. Qualsiasi gesto affettuoso, lo stesso desiderio di innamorarsi risultano bloccati da una rigidità impaurita: «Incombe un amore gelido. / Un tempo friabile sotto cui si spacca il ghiaccio». Nella mancanza di riferimenti culturali o etici, nell’anarchia delle direttive ideologiche, passato e futuro si confondono, fisica cosmologica e quantistica si contraddicono, e l’apocalisse ambientale incombe come uno spettro. Ewa Lipska tuttavia non pare né spaventata né rassegnata: denuncia lo stato attuale delle cose con analitico realismo, con asciutta consapevolezza, come in questo conclusivo appello al mondo: «A volte sei bello. Un vestito cosmico. //… Qualcuno prevede sempre la tua fine. / Non hai parenti stretti. A chi / lascerai tutto questo? Pianeti ficcanaso / forse ne avrebbero voglia».
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