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Storia banale e scritta in modo frettoloso
2 giovani, 2 donne, le loro inquietudini, la ricerca del loro posto nel mondo ed un pizzico di malinconia nell' epoca di fermento degli anni venti tengono per mano il lettore, senza trascurare, su tutto, un forte anelito alla libertà che sarebbe ancora necessario ritrovare. C' è solo qualche luogo comune di troppo.
Io ho scoperto tardi questo libro, secondo me è molto adatto ai ragazzi della scuola superiore, perchè permette di conoscere in modo non accademico Piero Gobetti. Descrive due storie di amore: da un lato c'è la coppia Moraldo e Carlotta, amore moderno con la voglia di indipendenza di lei e un lui che fa scorrere la sua vita senza prendere delle iniziative per il suo futuro, e dall'altro la coppia Piero ed Ada, in cui lei rinuncia alla sua passione per la famiglia e lui invece è ossessionato dal suo lavoro e dall'amore per la sua nazione. Ho apprezzato la stesura perchè è molto fotografica, le immagini si presentavano spontaneamente nella mia mente. Ho amato la descrizione del carnevale.
Recensioni
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Alternando una narrazione rapida a una scrittura evocativa, Di Paolo ci regala una storia sull’incanto dell’essere giovane, celebrando un vero e proprio inno alla giovinezza: questa è sicuramente la chiave di lettura di Mandami tanta vita, che nel 2013 fu nella cinquina del Premio Strega.
Mandami tanta vita narra la precoce giovinezza di Piero, ma anche la storia di Moraldo, personaggio dal nome fortemente felliniano.
Siamo a Torino, nel febbraio del 1926 e durante i giorni del Carnevale: si tratta, però, di un Carnevale che assume toni macabri poiché legato all’avvento della supremazia del fascismo. Piero (non è mai specificato che si tratta di Gobetti) decide d’abbandonare la sua Torino per muovere alla volta di Parigi. Il suo è un esilio forzatamente volontario: in Italia – dove il regime fascista ha eliminato ogni forma di libertà d’espressione – non può più proseguire con la sua attività di editore e giornalista. Moraldo arriva dalla provincia al capoluogo sabaudo per una sessione d’esami alla facoltà di Lettere. Nell’abitazione dei Bovis – famiglia di un anziano e singolare insegnante, presso la quale alloggia nei periodi degli esami – si accorge d’aver inavvertitamente scambiato la propria valigia con quella di uno sconosciuto. L’intento – magistralmente riuscito – è quello di far convergere la storia di un personaggio vissuto realmente (Piero Gobetti, per l’appunto) con quella di una figura completamente immaginaria: le loro vite arriveranno a intrecciarsi per un tempo brevissimo e casuale. Moraldo osserva Piero da lontano, lo insegue: vorrebbe avvicinarlo, ma è incapace per timidezza di slanci eroici e così resta sospeso tra occasioni mancate. In maniera non scontata, che non si riduce alla semplice narrazione storica o autobiografica, Paolo Di Paolo ci regala un romanzo che parla del giovane editore torinese, ma non solo: questo è un libro sulla fatica e il rischio dell’essere giovane. Si tratta di una storia che comincia e che, purtroppo, finisce troppo presto, proprio come accade a quella porzione della vita che corrisponde con la gioventù. Nelle pagine del romanzo la giovinezza è mostrata come attesa e slancio: è il tempo in cui è lecito “sprecare tempo”.
Recensione di Giulia Gioia
A cura del Master Professioni e prodotti dell’editoria - Collegio Universitario "Santa Caterina da Siena” in collaborazione con l’Università di Pavia
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