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La prosa limpida e scorrevole,scevra dello stile contaminato di tecnicismi giornalistici che ci si potrebbe aspettare da un cronista,mi coinvolge subito catapultandomi tra le strade di Islamabad.Oliver NicSidwell(Nix)è un alto funzionario dell’Onu,un occidentale alla sua prima missione tra Afghanistan e Pakistan.La trama scorre tra compound dell’Onu,disilluso personale di agenzie e organizzazioni umanitarie, servizi segreti,Taliban,profughi,coltivatori d’oppio,intrighi internazionali,colpi di scena e burqa.Assieme alla predisposizione all’azzardo e all’imprescindibile senso di colpa di Nix,sono le donne,con coraggio,astuzia e determinazione,a sospingere gli eventi: scaltre ed equilibriste mogli di ambasciatori occidentali(Julia)o umili maestre afghane(Bibi e Hamina),eroicamente appassionate e sovversive,con nello sguardo, celato sotto burqa anonimamente invisibili,un inesorabile odio per la ferocia che si abbatte su di loro.Donne piene di rabbia:per gli atroci soprusi dei guerrieri afghani,ma anche a causa degli ottusi pregiudizi dell’Occidente,che nella propria natura duplice e irrisolta,le vorrebbe rassegnate ed aduse a vivere in condizioni di schiavitù,in nome di una cultura colpevolmente scambiata con costumi in realtà imposti dall’estremismo islamico.E’ proprio a loro,alle sofferenze delle rivoluzionarie maestre afghane,che è dedicato questo libro.Forse le uniche,con i loro libri gelosamente custoditi,e con la forza atavica della cultura e dell’arte,a non rassegnarsi,a non lasciarsi cullare inermi dal destino.E’ in un libro come questo che trovano spazio la denuncia,le descrizioni personalissime di una società ed una cultura così remote,eppure più vicine di quanto si possa immaginare,o ricordare (il mito di Alessandro Magno),ed infine la speranza,fondamentale per il futuro di un’area così martoriata del pianeta,a cui le donne di Rampoldi tentano con abnegazione di aggrapparsi.
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