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Primo libro che leggo di questa autrice, e penso che leggero presto altre sue opere. La Menullara, sullo sfondo di una Sicilia dominata dalla mafia e dal maschilismo più bieco, si staglia come una figura epica che crea commozione ed ammirazione. Ben delineate anche le figure che ruotano attorno alla protagonista, pur nella loro meschina bramosia di denaro, nelle loro debolezze, vizi e virtù. Leggendo il libro ho spesso avuto l’impressione che stessi leggendo un'opera teatrale, una commedia a tratti comica sulla vita e sui protagonisti della società siciliana di un piccolo paese dell'entroterra palermitano dal periodo fascista fino al 1963 Visti i temi affrontati, idealmente la storia potrebbe essere letta come un continuum de Il Gattopardo: la ricca nobiltà decaduta; i pettegolezzi dell'ormai ex servitù; la voglia di cambiamento mista alla vergogna di sentirsi inadeguati e provinciali; la persistente separazione tra padroni e servitù. Grande scrittrice. Il libro è veramente bello.
[Estratto dal Blog] [...] Sicilia, Roccacolomba, 23 settembre 1963, giorno della morte di Maria Rosalia Inzerillo, la Mennulara, di qui ha inizio il racconto, con la dipartita della protagonista della storia. Il romanzo è strutturato in modo tale che il lettore conoscerà la protagonista a mano a mano che si procede nella lettura, dalla voce di chi l’ha conosciuta e ricorda un frammento della sua vita. Attraverso ricordi, storie, dicerie, opinioni divergenti, congetture e pettegolezzi degli abitanti del paese di Roccacolomba il lettore riesce a ricomporre i pezzi del puzzle complicato e indecifrabile e ricostruire la vita di questo personaggio enigmatico e controverso.[...]All’inizio del romanzo la protagonista è vista attraverso gli occhi dei giovani Alfalippe, la considerano un’arrampicatrice sociale, arricchitasi alle loro spalle e con chissà quali legami con la mafia, furba e con un “malo carattere”.[...]Nel corso della narrazione, infatti, la figura della Mennulara è riscattata, più la si conosce, attraverso i racconti di chi l’ha frequentata e più si comprende e si riabilita ai nostri occhi. Ha accettato la sua condizione di domestica,[...]Quelli che ne escono sconfitti sono proprio gli eredi Alfallipe, che si rivelano essere avidi, interessati solo al denaro e all’eredità della protagonista. La Mennulara li ha cresciuti, li ama come se fossero suoi figli e per un’ultima volta, dopo la sua morte, li mette alla prova, ha predisposto tutto: una sorta di caccia al tesoro, delle prove da superare che includono una serie di insidie con cui saggia la fedeltà dei suoi protetti. Se saranno virtuosi riceveranno la fantomatica eredità di cui tanto si favoleggia in paese.[...] Fa da sfondo la Sicilia degli anni ’60, con i suoi colori, i suoi profumi e le sue contraddizioni. Con un linguaggio preciso e particolareggiato, una scrittura scorrevole e seducente Simonetta Agnello Horby ci ha regalato un bellissimo romanzo da cui è difficile staccarsi e di cui consiglio [...]
Benché sia un genere letterario che non preferisco, devo dire che il libro, in cui si parla non solo delle vicende del personaggio principale, ma viene descritto anche uno spaccato della vita siciliana degli anni ’60, che sicuramente la Hornbi conosce bene, mi è piaciuto. Ho apprezzato soprattutto il modo in cui la scrittrice riesce a descrivere in modo magistrale i numerosi personaggi che gravitano intorno alla Mennulara e il sovrapporsi delle loro vicende personali. La storia, almeno secondo me, fino agli ultimi capitoli del libro riesce a coinvolgerti, trascinandoti all’interno del mondo di una ricca famiglia siciliana ormai al declino, uomini d’onore e, specialmente, della povera gente, ma soprattutto nelle vicende e nella vita del personaggio principale, la Mennulara. Una donna nata in una famiglia in cui la miseria era estrema, e che solo con le proprie capacità riesce infine a raggiungere un minimo di benessere e onorabilità, nonostante le difficoltà, i soprusi , le ingiurie e i maltrattamenti subiti fin dall’infanzia e raccontati in modo egregio dalla scrittrice. Purtroppo, però, gli ultimi capitoli che concludono la storia non hanno soddisfatto le mie aspettative. Infatti, secondo il mio parere, nonostante alla fine la Mennulara ne esca riabilitata, la scrittrice lascia in sospesa, o almeno la conclude in maniera sbrigativa, tutta la vicenda dell’eredità che la donna ha consegnato agli ultimi eredi della famiglia Alfallipe, sulla quale all’inizio aveva enfatizzato, facendola quasi apparire come una “caccia al tesoro”, ma che poi fa concludere quasi con un nulla di fatto.
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