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Confessione epistolare di un'anziana servitrice che, prima di morire, decide di informare la figlia dei suoi vecchi padroni di un terribile segreto (di cui solo lei è a conoscenza) . Un breve romanzo che cattura il lettore per la trama ricca di colpi di scena e per lo stile inconfondibile dell'autrice
Una vecchia cameriera, prima di essere sottoposta ad un intervento chirurgico dall’esito incerto, scrive alla figlia dei suoi vecchi padroni, per svelarle un segreto di famiglia. La Nemirovsky, a mio parere, eccelle nell’arte difficilissima del racconto. In poche pagine riesce a tratteggiare, con la solita maestria, il mondo dell’alta società, il disprezzo nei confronti della servitù, che assiste alle vite dei padroni, come fossero soprammobili che arredano la casa. ("… e poi nessuno si interessa mai ai domestici, nessuno si chiede se sono stati felici o infelici, e neppure da dove vengono, com’era la loro casa, e i loro Genitori, come se uno il giorno in cui entra a servizio in casa d’altri, non avesse più un passato"). Sono loro i custodi silenziosi dei segreti dei loro padroni. Piccolo gioiellino
Un libro leggero, carino e che si legge in meno di un'ora! Una storia simil thriller...piacevole ma non eccezionale!
Recensioni
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Recentemente, in Francia, uno specialista di Céline, Henri Godard, ha pubblicato un bellissimo studio sul romanzo francese del Novecento (Le roman modes d'emploi, Gallimard 2006). È un excursus incentrato sul piacere di fingere e di narrare, di creare personaggi e di escogitare intrecci. Godard ha rintracciato i travestimenti attraverso i quali questa pulsione bandita dai surrealisti, irrisa da Gide, data per spacciata dai teorici del Nouveau Roman sull'arco di un secolo è riuscita non solo a sopravvivere, ma a volgere a proprio vantaggio la condanna di cui era oggetto, inventando mille astuzie per insinuarsi nell'opera stessa dei suoi detrattori.
Credo sia proprio questo piacere della finzione, vissuto da Némirovski con rara intensità, a spiegare il fascino che hanno esercitato sul pubblico di oggi le vicende che si intrecciano, sullo sfondo della Francia occupata, nel postumo Suite francese: dalla fuga da Parigi della ricca madame Péricand, che si sente un'autentica "matrona romana", ma finisce per dimenticare il suocero paralitico in una locanda di villaggio, al timido sentimento d'amore della malmaritata Lucile per il cavalleresco ufficiale tedesco che è costretta a ospitare; dallo smarrimento di fronte alla catastrofe dei coniugi Michaud, borghesi modesti e coraggiosi che la guerra separa dal figlio Jean-Marie, alla prosopopea dello scrittore accademico Corte, che, ritrovando deliziato il lusso del Grand Hôtel di Vichy, non manca di deprecare con accenti apocalittici la "morte dello Spirito" e della Francia. Delle cinque parti che dovevano formare Suite francese, Némirovski ha fatto a tempo a terminarne due soltanto; impossibile pensare senza rimpianto a quelle pagine non scritte, di cui abbiamo notizia dai suoi appunti, dove i destini dei personaggi sarebbero andati verso il loro compimento e Jean-Marie, prima di morire combattendo nelle file della Resistenza, avrebbe intrecciato con Lucile un rapporto d'amore.
Una piccola compensazione al rimpianto possiamo trovarla nella ricca produzione precedente della scrittrice, di cui Adelphi ci offre ora dopo Il ballo (cfr. "L'Indice", 2005, n. 9) e David Golder (cfr. recensione qui accanto???) questo racconto del 1938, certo meno ispirato di Suite francese, ma costruito con quell'ammirevole asciuttezza che fa di Némirovski una delle più dotate allieve di Cechov e di Maupassant. Nella finzione, La moglie di don Giovanni è costituito dal testo della lunga lettera che una vecchia domestica in punto di morte, Clémence, scrive a una giovane signora dell'aristocrazia, Monique, che ha conosciuto bambina, ai tempi in cui era a servizio in casa dei suoi genitori. Risale ad allora lo scandalo che ha distrutto la famiglia: la madre di Monique, stanca dei tradimenti del marito, lo ha ucciso con un colpo di pistola. Clémence comincia rievocando la verità ufficiale, quella sanzionata dal tribunale che ha assolto la moglie assassina in quanto martire dei valori familiari. Nelle ultime dieci pagine si fa strada però un'altra verità, in cui i ruoli s'invertono e il denaro svolge un ruolo determinante: il nome di Clémence si rivelerà allora antifrastico e la sua voce dalle modulazioni sdolcinate e servili potrà mostrare tutta la propria distruttiva crudeltà.
Mariolina Bertini
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