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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2004
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Attenzione: la letteratura è linguaggio. Non si copiano i linguaggi. La letteratura non è sociologia mascherata di espressionismo. Su Dezio prendete una cantonata. State attenti. E' sottocultura.
scritto bene. scritto come deve essere un libro così. Bravo Francesco. so che qualcuno vorrebbe sempre leggere di tramonti sul mare o di giovani universitari alle prese con i problemi esistenziali o amorosi...e invece al mondo c'è anche dell'altro, mi spiace per voi. Se a qualcuno può dare fastidio, bè...c'è sempre la collezione Harmony per voi.
È vero, come dicono molti, che sempre meno gli autori scrivono della fabbrica e del lavoro, ma, in questo libro, sono proprio questi i veri protagonisti. La fabbrica descritta da Dezio ha nuove liturgie che nascondono il desiderio di sempre, quello di spremere il più possibile il “capitale umano”. Anche il lavoro ha un nuovo totem, la flessibilità, per il resto è sempre duro, massacrante, alienante. Rispetto al passato, l’operaio di oggi ha un elemento in più che lo contraddistingue, che lo penalizza ancora di più: la precarietà, una condizione che lo espone maggiormente alla possibilità del ricatto, della costrizione. Nicola Rubino, giovane del sud, diplomato, è in una di queste nuove fabbriche che entra, una di quelle che appartengono alle grandi multinazionali, una di quelle nelle quali i manager parlano di globalizzazione, di spirito di gruppo, team. È Nicola, in prima persona, che ci racconta come ha dovuto affrontare una serie infinita di vessazioni che mirano ad omologarlo, a distruggere la sua personalità, a vincere ogni resistenza della sua individualità. La sua diventa così una storia di resistenza che termina con il licenziamento di Nicola, ma un licenziamento che non viene vissuto come sconfitta. Una delle cose che colpisce il lettore è la mancanza quasi assoluta di esterni rispetto alla fabbrica. Il mondo di fuori entra solo attraverso i racconti degli operai nella mensa o nelle pause. Un libro davvero bello, con uno stile duro e asciutto, alleggerito da un sapiente uso del dialetto pugliese; una storia che ha un sapore epico nella durissima lotta per l’affermazione dell’individuo.
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