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Anno edizione: 2019
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Anno edizione: 2019
Il grande esordio di uno scrittore che non può esistere con la sua vera identità.
«Se eravamo finiti in quel casino, la colpa era di Andrea. Era stato lui a mettersi alla guida da ubriaco. Lui a ignorare le mie richieste di fermarsi. Lui a tagliare le curve come un pazzo. Lui a farci finire fuori strada. Però, nonostante tutto, lo capivo... anche io ne avevo fatte, di cazzate... Stadio droga, risse: noi ne uscivamo sempre indenni. Eravamo dei privilegiati. Protetti da una speciale immuità, acquisita dalla nascita, che ci avrebbe condotto verso il successo a cui eravamo destinati.»
Tutte le persone di cui si parla nelle scene di violenza descritte in queste pagine sono state realmente aggredite e malmenate, in un passato così scabroso e delirante da non poter essere rievocato che in forma romanzata, in un libro che porta all'estremo l'autofiction letteraria italiana. Sono cresciuti insieme, Patrizio, Angelo e Andrea. Sfrontati rampolli della "Romabene", vissuti nella consapevolezza di avere il diritto, sempre e comunque, di soddisfare i propri desideri. Figli modello di magistrati, professori e medici, sono teppisti, fascisti e psicopatici: praticano – con meticolosa e sistematica ferocia – atti di violenza su vittime indifese, quasi sempre scelte a caso. Risse, aggressioni, pestaggi. Sangue. Sangue su zigomi, mani e asfalto. Immacolate soltanto le camicie su misura (bianche o celesti, button down, cotone egiziano ritorto con cuciture doppie all'inglese), sacre per loro come le vacche per gli indiani. Ragazzi legati da un vincolo d'amicizia e di complicità che pare indissolubile ma che un'estate, ubriachi dopo la discoteca, un incidente rischia di compromettere per sempre: l'auto esce di strada tra il Circeo e l'Argentario, restando in bilico aggrappata a una roccia. Anni di feste, discoteche, stadio, trasferte, cori, risse e braccia tese – anni di vita condivisa – non bastano a farli restare uniti in una situazione che si aggrava col passare dei minuti. Pagine travolgenti. L'urlo di rabbia di ragazzi intrappolati nel silenzio di famiglie benestanti, tenute insieme da sorrisi di facciata. Anatomia di una generazione di psycopariolini. Una narrazione potente e maleducata che ha il coraggio di affrontare la violenza a viso aperto e di mostrare il rovescio delle cose: la meglio gioventù e i suoi peggiori istinti. La scrittura è netta, feroce, pulita, martellante.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
STUPENDO
Finalmente un libro che ha per protagonisti dei ventenni ma che non li racconta attraverso l’espediente della solita storia d’amore. È da settimane che sento parlare di “Noi felici pochi”. L’ho comprato oggi e letto in mezza giornata. Mi è piaciuta moltissimo la scrittura (secca ed incisiva) e sono stata risucchiata dalla storia (una spirale che ti prende e non ti lascia più). La mia generazione come fino ad ora nessuno l’aveva raccontata. Leggetelo.
Un libro originale dal punto di vista geografico ma datato per contenuti e scrittura. A metà tra Arancia Meccanica e American Psycho di Bret Easton Ellis (lo pseudonimo di Patrizio Bati è il corrispettivo italiano di Patrick Bateman), il libro racconta le illegali e sadiche avventure di un gruppo di pariolini milionari che si spostano da una festa all'altra nei dintorni della capitale. Fanno da contorno affermazioni volutamente razziste, omofobe, misogine e fasciste che rendono i personaggi riluttanti e la lettura a tratti nauseabonda. Punto in più è la costante presenza di curiosità lungo tutto il libro. Insomma, un libro da leggere senza tante pretese e con la consapevolezza che sono stati scritti libri sicuramente più belli.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Prendi un gruppo di ragazzi borghesi, rampolli della Roma che conta, amici e complici di scorribande, risse, cori con le braccia tese, trasferte, partite allo stadio, feste in discoteca e in ville anche senza invito, i quali, dietro una facciata di studenti e figli modello, si divertono a picchiare persone scelte a caso e, una notte d’estate, prendi la loro auto e falla precipitare lungo un burrone, fino a rimanere aggrappata a una roccia.
È in quel momento, nell’attesa dei soccorsi, che amicizia e complicità vengono messe a dura prova. È a quel punto che la vita presenta loro il conto e l’autoimmunità per le loro scelleratezze, fino ad allora sbandierata come un diritto, si sbriciola come le lamiere dell’auto lungo la scarpata. È in quella notte maledetta che i carnefici si trasformano in vittime, ma non della violenza, bensì dei sensi di colpa, dell’egoismo e della vigliaccheria. Domande scomode reclamano risposte ancora più scomode e arrovellano la loro testa annebbiata dall’alcool.
Fino a dove si è disposti ad arrivare pur di salvare la patina di ragazzo per bene? Pur di non pregiudicare un futuro brillante, progettato a tavolino, che le loro famiglie benestanti danno per scontato? Perché in fondo quei teppisti psicopatici altro non sono che ragazzi delusi, spaventati dalle aspettative dei genitori, schiacciati da vuoti emotivi che s’illudono di colmare con pestaggi e sesso a pagamento. La violenza è l’unico modo che conoscono per esternare il proprio dolore, per urlare la rabbia chiusa dentro estenuanti silenzi affettivi.
Lo stile narrativo di Patrizio Bati è deciso, a tratti sfrontato, talmente potente da far avvertire lo schianto di calci e pugni, le ossa rotte, le nocche insanguinate. Non poteva essere altrimenti. Scene crude, descritte con un linguaggio diretto, feroce, maleducato e intervallate da aneddoti raccontati con meticolosità enciclopedica, che stemperano l’audacia della narrazione e fanno prendere fiato. A mio parere l’autore è stato molto bravo a raffigurare lo spaccato di una società basata sull’apparenza, in cui diventa normale arrogarsi il diritto di fare ciò che si vuole, sempre e ovunque. Non un’idea nuova, ma sicuramente coraggiosa e narrata con talento.
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