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Nel 1928, a Milano, Pierino Grassi finisce nel carcere di San Vittore per aver tentato di rubare un barile di acciughe al mercato. E’ andato a sbattere contro un vigile, un ghisa, che l’ha accompagnato in questura. Il commissario Carlo De Vincenzi l’ha rinchiuso in cella, ma il giorno seguente l’ha liberato e gli ha trovato un lavoro in un’impresa di onoranze funebri. De Vincenzi a Milano ha trovato la nebbia fitta, la scighera, e la ligéra, piccola delinquenza di quartiere, ladruncoli specializzati in diversi tipi di furti. Fino a pochi anni prima erano tollerati, ma ora il fascismo pretende maggiore severità. Non servono armi con loro, basta qualche pugno e la prospettiva del carcere. Episodi minimi, come un anello rubato nascosto tra i formaggi, un manichino munito di allarmi per addestrarsi nel borseggio, un ladro gentiluomo, una portinaia cuoca eccellente, s’intrecciano con eventi storici come l’attentato del 12 aprile 1928 in Piazza Giulio Cesare, in occasione della visita del re Vittorio Emanuele III, che causò diciannove morti. Oggi sono cambiati i mandanti, non il terrorismo. L’autore racconta curiosi episodi della vita di Giuseppe Meazza, campione simbolo di Milano cui è intitolato ora lo stadio di S. Siro. Crovi, attingendo alle cronache del tempo, fa un ritratto di una Milano poco conosciuta di molti anni fa, prima di diventare la Milano nera di Scerbanenco e la città da bere degli anni ’80. Ci sono le case di ringhiera, i mestieri scomparsi, come il formaggiaio e il materassaio, piccoli reati soprattutto per sfuggire alla fame. Crovi narra della cassoela e dei pozzi nel cortile, di orti urbani e di tram, fra cui la Gioconda, il veicolo nero che per trent’anni, dal 1895 al 1925, è stato il carro funebre della città. Non è una commedia, è un affresco un po’ nostalgico di tradizioni, persone, abitudini, modi di dire sconosciuti non solo a chi non è milanese, ma anche ai meneghini di oggi. E’ una lettura gradevole, ma la trama è quasi inesistente.
Dopo avere ascoltato in radio una divertentissima intervista a Crovi, ho scelto questo libro tra gli altri suoi. Purtroppo ho trovato una scrittura di poco carattere e poco coinvolgente e una trama praticamente inconsistente. Ma avendo letto tante recensioni positive, credo che darò una seconda possibilità all'autore
Crovi è redattore degli almanacchi Bonelli, saggista e storico del giallo: in questo suo romanzo, oltre all'omaggio a de Angelis, si coglie questa peculiarità professionale nella capacità di narrare una storia amalgamandola con la Storia di Milano e d'Italia. Tante curiosità, tanti fatti perduti, tornano alla memoria grazie a questo encomiabile romanzo quasi divulgativo, certamente scritto con affettuosa malinconia per un'epoca passata.
Recensioni
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