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«Uno scrittore di razza. Un romanzo da non perdere» - Giancarlo De Cataldo
Inizia d'estate, con un cane sgozzato, una serie di omicidi lunga un anno nel quartiere di Quarto Oggiaro, periferia di Milano. Protagonista è, suo malgrado, l'ispettore Ferraro, uomo senza particolari qualità. Separato con un figlio, vive da solo. Attorno a lui ruotano poliziotti surreali, spacciatori, imprenditori rampanti, contrabbandieri, informatori, pendolari, "sciure" e manifestanti: il popolo di una città e della sua periferia. Le indagini di Ferraro servono da pretesto narrativo per raccontare il ventre molle di Milano, vera protagonista del romanzo. "Una città - sostiene l'autore - che non vuole morire e che, se muore, comunque rinasce, con orgoglio".
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Quattro stagioni, quattro casi da risolvere. Si comincia con l’estate e un cane ammazzato in un grande condominio popolare, a cui segue l’omicidio del padrone; si passa poi all’autunno con l’uccisione dapprima di un ricco costruttore edile e successivamente del figlio; con l’inverno arriva anche la rapina a un supermercato, con sparatoria, e infine la primavera non genera solo nuova vita, ma porta anche la morte, violenta, di una signora non più giovane. Se non fosse per la presenza della stessa squadra della polizia di stato in tutte le indagini si potrebbe pensare a quattro racconti a sé stanti e invece c’è il fil rouge della storia di un anno di un gruppo di investigatori, fra cui, protagonista assoluto, suo malgrado, è l’ispettore Michele Ferraro, un uomo quasi anonimo, separato con una figlia, vive da solo nel quartiere di Quarto Oggiaro, alla periferia di Milano, un insieme di condomini senza pretese, dormitori della classe operaia e brulicanti di esponenti della piccola criminalità, dai contrabbandieri di sigarette ai piccoli spacciatori. Non è il Bronx, ma poco ci manca, è, con un termine tutto italiano, il ventre molle di una metropoli. Ferraro sarà un uomo senza particolari qualità, ma merita lo stipendio per il suo lavoro poco appariscente, ma che arriva puntualmente al successo. Certo il metodo investigativo non è canonico, lascia un po’ a desiderare, ma fra svarioni e sbagli alla fine, quasi per miracolo, ogni caso viene risolto. Per cosa si uccide si fa apprezzare in modo particolare non tanto per le trame, quanto invece per la descrizione di una Milano periferica che attraverso le pagine fa quasi sentire la sua aria di degrado, con un predominio pressoché costante delle diverse tonalità del grigio.
Gianni Biondillo è uno scrittore che indubbiamente mi piace. Purtroppo, però, con "Per cosa si uccide", opera che dà inizio al ciclo dell'ispettore Ferraro, non è riuscito a coinvolgermi più di tanto. Si tratta di quattro racconti messi assieme col trait d'union dello scorrere delle stagioni. Il pregio del libro è, come in tutta l'opera dello scrittore, quello di raccontare il lato oscuro di una Milano periferica e degradata. Ma questo, a mio avviso, non basta a far raggiungere la sufficienza al libro. Le indagini svolte dall'ispettore, essendo sostanzialmente racconti brevi, non danno ampiezza alla trama puramente gialla, ed alla fine hanno come risultato quello di rendere frammentaria la lettura. Biondillo si riscatta comunque ampiamente - questo va detto - con i titoli successivi.
Prima uscita dell'Ispettore Ferraro nella sua Milano; buono il risultato complessivo del libro. I personaggi, ancorché ancora non del tutto strutturati, fanno intravedere buone possibilità di sviluppo nelle narrazioni successive. Trama un po' frammentata, specie nella prima metà, ma che poi riesce a decollare in pieno nella seconda metà del racconto. Dialoghi brillanti e spesso divertenti. Insomma, viene voglia di leggere il 2° episodio.
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