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Anno edizione: 2022
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Ci vuole un po’ di coraggio per mettersi a leggere l’opera incompiuta di Pasolini. Non posso dire che il coraggio venga ripagato del tutto, ma è anche vero che qualcosa resta. Del Petrolio anticipato nel titolo, direi che n’è molto poco. I passaggi (appunti, più' che capitoli) di natura socio-economica e politica non sono niente di originale. Al lettore di oggi, servono al più per ricordare come si muoveva l’Italia in quell'ambito ed in quel periodo. C’è molto del classico Pasolini, in particolare del Pasolini intristito della ransizione dalla società contadina a quella borghese, all'imborghesimento dei giovani, alla perdita dell’innocenza e dell’ingenuità; c’è il declassamento del ‘68, come fenomeno temporaneo e caratterizzato da stereotipi abbastanza banali, come i capelli lunghi; c’è molta Italia geografica, movimento tra città, descrizioni di campagne anche bucoliche o immaginarie/mitologiche, e contrasto città-campagna, o campagna che diventa città. C’è chiaramente il principio di un viaggio, legato alla crescita ed alla vita, costruito con metafore che sembrano indicare l’idea che per affrontare la vita moderna l’uomo abbia bisogno di essere molte facce dentro un corpo solo. Così, Pasolini fa muovere il suo personaggio tra i palazzi del potere e le periferie degradate, affrontando i massimi sistemi da una parte, e i più basici desideri corporali, dall’altra. Non sapremo mai cosa Petrolio dovesse diventare, e questo è un vero peccato. La mia impressione è che non lo sapesse nemmeno Pasolini, e che il piano dell’opera sia molto evoluto negli anni, e che alla sua morte stesse ancora cambiando. Mi pare che l’edizione Garzanti sia fatta molto bene ed offra al lettore la possibilità di scegliere tra livelli di lettura più o meno approfonditi - trattando vari aspetti con oggettività. Per il profano, la lettura della postfazione risulta indispensabile. Ma non prima di aver terminato il libro.
È un libro misterioso e affascinante: saggio, cronaca, romanzo-inchiesta, oppure, come lo definisce l'autore stesso: - Questo poema è il poema dell'ossessione dell'identità e, assieme, della sua frantumazione. A me è sembrato a tratti una sceneggiatura, ma anche il canovaccio di un metaromanzo degno di Cortázar, composto da un insieme di appunti, di bozze difficile da interpretare nella forma e nel contenuto. Rimasto incompiuto e straordinariamente scomodo, probabilmente gli è costato la vita. Lui lo definì pure "il preambolo di un testamento", che andrebbe interpretato oltre che letterariamente, filologicamente, politicamente, storicamente e sociologicamente; insomma, pagine da leggere di traverso, ed è davvero molto complesso. Un doloroso capolavoro del Novecento, un vortice di vite smaccate e di perdenti al sommo della poesia, ma non adatto a qualsiasi palato.
Libro difficile, esposto su piani molteplici: politico, antropologico, sociologico, e sono solo i più evidenti. Rimando alla bella postfazione di Walter Siti. Parlarne in poche parole sarebbe impossibile. Dico solo che a me personalmente i capitoli sul Merda tra le pag 357/450 sono stati quelli che più mi hanno interessato e che ancora oggi risultano vivi. Più complesse e a me piuttosto estranee le pagine quasi oniriche ed orientali.
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