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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2017
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Quando durante la lettura ho compreso il senso della frase con Jonathan Franzen ha deciso di iniziare Purity, ho avuto infine conferma della genialità dello scrittore nel comporre questo suo ultimo romanzo. In passato avevo già avuto diverse occasioni per apprezzare la scrittura di Franzen. Avevo adorato Correzioni. La stima e l’apprezzamento verso Franzen era stato confermato nella lettura del successivo Libertà. Così – certo che non sarei stato deluso, ma anche restio dal volermi far influenzare dal giudizio delle precedenti letture - ho iniziato a leggere Purity. Non mi voglio dilungare a narrare le vicende che la protagonista Purity Tyler – o Pip così come è chiamata da tutti – affronterà per scoprire l’identità del padre né voglio anticipare le esistenze che si incrociano nei diversi capitoli in cui è stato magistralmente strutturato il romanzo da Franzen. Non lo voglio fare proprio per non rovinare la sorpresa di chi vorrà leggerlo in futuro e potrà così lasciarsi ammaliare dallo stile della scrittura e dalle vicende narrate. Però di sicuro voglio consigliare questa lettura e posso affermare come Purity confermi senza ombra di dubbio la grandezza di Franzen e come egli, a mio avviso, sia uno dei migliori scrittori americani contemporanei.
Ammetto che ho fatto fatica a "entrare" nel libro, tanto è vero che ci ho messo parecchio per finirlo (al di là del numero di pagine). Sono dovuta arrivare a metà libro per essere presa dalla storia. Non ho neppure sviluppato un senso di empatia con nessuno dei personaggi, ma solo indifferenza o antipatia. Ho invece trovato interessante la costruzione della storia, i cui pezzi acquisiscono senso e si uniscono piano piano. Direi leggibile, ma niente di eccezionale.
L'ultimo romanzo di Franzen (letto nell'ottima traduzione italiana) non delude le altissime aspettative. Semmai, amplifica quel pensiero che porta ad affermare: non c'è nessuno come lui, oggi. Almeno secondo la mia opinione. Un romanzo che parte con fatica, perché il primo impatto con Pip è sgradevole: lei è insopportabile, debole, meschina. Ti chiedi: ci libereremo mai di Pip? Non è che, nel corso del libro, ce ne liberiamo: lei si evolve, scomparendo anche per lunghi tratti dalla narrazione, che intanto si arricchisce di storie magnifiche di altri protagonisti. Purity non è più solo il nome di battesimo della presunta protagonista. No: Purity è l'aspirazione di vita cui tutti i personaggi delle storie (che poi sono un'unica storia, come da cifra di Franzen), tendono: o forse no. Per me, Purity, è IL ROMANZO.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Franzen con il suo quinto romanzo si conferma uno dei più grandi scrittori viventi e ci offre con Purity un formidabile coagulante delle disfunzionalità della contemporaneità, non solo americana ma dell’intero occidente, attraverso un nuovo capolavoro del Realismo Isterico
La luce del sole è il miglior disinfettante
Leggere Purity significa partecipare a una seduta psicanalitica di gruppo in cui i pazienti sotto analisi sono i figli della Grande Recessione, una generazione deresponsabilizzata dagli effetti dalla crisi e imprigionata nel Web, un moderno Panopticon da cui viene cresciuta in affidamento perché orfana dei padri, quei narcisisti cronici e tormentati compulsivi la cui ricerca pare vana.
La protagonista è Pip, una ventitreenne sommersa dal debito studentesco e piena di complessi di inferiorità nei confronti dei coetanei, imbarazzi causati dalla condizione economica precaria e dalle conseguenze di un’adolescenza solitaria, resa complicata dalla scomoda madre, una hippy ipocondriaca morbosamente attaccata alla figlia. Pip - diminutivo di Purity - vive da squatter in un appartamento in condivisione con una coppia sposata, uno schizofrenico e un disabile mentale, personaggi verso i quali si fa una grandissima fatica a provare empatia, come spesso accade con gli emarginati che popolano i mondi di Franzen, perché la loro condizione tragicomica sembra la conseguenza di una meritata colpa trascendentale di cui tutta l’umanità sembra partecipe. A rendere ancora più sconsolante la vita della protagonista il lavoro in un call center, impiego portato avanti in modo scostante, con risultati imbarazzanti sul fronte vendite. Sull’orlo del licenziamento, Pip maledice il giorno in cui decise di frequentare l’università - quattro anni di libertà dalla madre a fronte di un debito che mai riuscirà a ripagare - un’esperienza che non l’ha arricchita nemmeno dal punto di vista formativo poiché capace solamente di acuire un fatale senso di diversità rispetto al resto del mondo.
Un’esistenza misera e claustrofobica, talvolta anestetizzata da fugaci amori con uomini trasparenti, una vita a cui prova a dare un significato fuggendo dalla California in Bolivia per unirsi al Sunlight Project, gruppo di hacker attivisti, guidati da Andreas Wolf - il personaggio probabilmente più affascinante e al tempo stesso ripugnante dell’intero romanzo - un uomo che Pip proverà a seguire ovunque, accecata da un’irresistibile attrazione. Immaginato come un ibrido tra Assange e Snowden, Wolf è un ambiguo affabulatore che cavalca l’onda di Wikileaks e Occupy Wall Street, un mostro che è una summa sarcastica di tutto ciò che vi è di insopportabile, per Franzen, nell’attivismo hi-tech della viziata gioventù liberal occidentale, immersa in un passeggero risentimento anti-capitalista e circuita dal culto della personalità verso i cosiddetti whistleblowers, i paladini della trasparenza in lotta contro i governi e i colossi informatici. Notevole a tal proposito è la similitudine che emerge tra totalitarismi socialisti del Novecento, della DDR in particolare, paese in cui Wolf visse da bambino con i genitori spie, e Google o Facebook, le più possenti membra del nuovo Leviatano.
Pip in realtà non è interessata ai risvolti politici del movimento, presto sbugiardati dalla doppiezza del leader, e vorrebbe invece usufruire delle competenze degli hacker per ottenere il reale nome della madre, di cui ha sempre conosciuto solo lo pseudonimo, nella speranza di rintracciarne nel web un eventuale certificato di matrimonio o altre risorse utili a scoprire l’identità del padre, il vero motore della trama.
A intrecciarsi con le vicissitudini della protagonista un’altra coppia di personaggi popola Purity, in apparente estraneità rispetto alle coordinate spazio-temporali della trama. I due sono Tom Aberant ed Anabel Laird, femminista vegana studentessa d’arte - il tipico demone femminile ricorrente nei romanzi di Franzen per cui anche stavolta è stato accusato di misoginia – due anime tormentate, coinvolte in un progetto eversivo che troverà, in un magistrale colpo di scena, un parallelo con le vicende di Pip.
Franzen con il suo quinto romanzo si conferma uno dei più grandi scrittori viventi, tra i pochi ancora in grado di dare al pubblico la percezione di avere tra le mani un libro importante per i posteri e per cui valga ancora la pena leggere, offrendoci con Purity un formidabile coagulante delle disfunzionalità della contemporaneità, non solo americana ma dell’intero occidente, attraverso un nuovo capolavoro del Realismo Isterico.
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