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Racconti davvero belli, alcuni meglio di altri ovviamente, ma molto originali. Ironia, tinte gotiche si intrecciano perfettamente con lo stile di Marco Vichi
Tradito dall'evidenza di uno scrittore oramai mainstream e con la supponenza di snobbare gli scrittori locali (di terra Toscana), uno poi magari capita che si lascia sfuggire un vero e bravo scrittore. Questi racconti neri, non che volessero fare il verso ad un maestro del noir quale Scerbanenco, seguendo le cui simili aspettative mi ero avvicinato, non decollano infatti in tal senso, non avendo la stessa ruvidezza ed essenzialità ma poi ti catturano, almeno alcuni, uno alla volta ed ognuno in un modo diverso, avvolgendo il lettore in molti casi fino in fondo nell'attesa di qualcosa che si sblocchi o si compia (Mio figlio no) o lasciandoti inesausto con il pugno di mosche del finale aperto (Scala reale) o ancora rendendoti talmente nitidi alcuni fatti di un esperienza storica con tanto di personaggi reali tanto da farti dire insieme all'autore: "ma è avvenuto davvero?" (Puttana). Ho citato fra tutti i racconti quelli che più rimangono, almeno a me e questo è quello che può fare secondo me un bravo scrittore, cioè fare con le parole, quello che può fare uno scultore con sgorbia e scalpello, solidificare e far permanere immagini, storie, emozioni.
Dopo "Il brigante" ho deciso di approfondire questo autore noir. E ho fatto bene. Vichi scrive benissimo e riesce a raccontare narrativamente anche i peggiori episodi di cronaca nera. In alcuni casi imbastisce una suspense degna di Woolrich. I racconti non spiccano tutti (i "peggiori" - comunque sufficienti - sono "Io sono Maria" e "La torre") ma la maggior parte sono ottimi, come "Puttana", "Mio figlio no", "Scala reale", "Quando uno ama". Lo consiglio anche perchè è una delle rarissime antologie noir in cui non c'è quasi traccia del poliziesco (visto che molte volte i due generi vengono confusi).
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