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Letto d'un fiato. Mi sono piaciuti molto i capitoli brevi, i personaggi (pochi e ben descritti) e la casa, vera protagonista del libro. Mi è piaciuto anche il finale, per cui opto per il punteggio pieno nonostante il povero Randagio e i disgustosi pasti a base di pesce vivo.
Era un sacco di tempo che non trovavo un libro così scipito. Ingredienti: un pizzico di 50 sfumature, un tot di banale narcisismo, un tocco di psicothriller, mescolare bene fino a formare grumi ed ecco la zuppa servita. Sconsiglio
L'autore ci mette a disagio fin dalle prime pagine, ripercorrendo in maniera parallela le storie (molto simili) delle due ragazze Emma e Jane, che accettano una serie di regole oppressive pur di vivere nella casa dei loro sogni. Un buon thriller domestico, dove niente é come sembra.
Recensioni
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«Freud parlava di coazione a ripetere. È un modello secondo il quale una persona mette in atto continuamente lo stesso psicodramma sessuale con gente diversa, a cui attribuisce sempre lo stesso ruolo. A livello conscio, ma anche inconscio, questa persona spera di riscrivere il finale [...] Inevitabilmente però sono le stesse pecche e gli stessi difetti che lei apporta alla relazione a mandarla a rotoli.»
C’è un prima. “Prima” è il tempo della bella Emma Matthew, che accetta di sottoscrivere un contratto di affitto di mille e complicate clausole per poter vivere a Londra, Folgate Street 1, la casa minimal, supertecnologica e vagamente inquietante progettata dal genio dell’architettura Edward Monkford. Lui è bello, ricco, di successo, ossessionato dall’ordine e dalla perfezione; in aggiunta, un amante focoso con manie di controllo non indifferenti, un po’ à la Mr. Grey. Emma sta con Simon, il gentile e premuroso Simon, ma è facile intuire con chi deciderà di condividere l’altra metà del letto.
Ma c’è anche un dopo. “Dopo” infatti è il tempo di Jane Cavendish, nuova inquilina fissa nella casa. E lei, strano ma vero, fisicamente assomiglia moltissimo a Emma; come lei ha appena subito un trauma (Emma è stata derubata e stuprata, Jane ha appena avuto un aborto); come lei, ovviamente, non è per nulla insensibile al fascino di Monkford. Nel mezzo, invece, c’è l’avvenimento discriminante, quello che ha portato al passaggio delle chiavi di Folgate Street 1: la morte di Emma, ancora senza una spiegazione, quasi una macchia di sangue su quelle superfici altrimenti perfette. Ma volendo ci sarebbe anche un “ancora prima”, visto che anche la morte della moglie e del figlio di Edward è avvenuta in circostanze decisamente poco chiare…
Questo fa sì che sia tutto il romanzo sia attraversato dal continuo parallelismo tra il “prima” e il “dopo”, un loop continuo che investe piani temporali e punti di vista diversi in cui su tutti domina lui, Edward, che con le due donne ripete sempre lo stesso maniacale copione (frasi a effetto, museo, ristorante, collana di perle) e che per questo non smetterà di farvi accapponare la pelle per tutta la durata della storia. E lo farà anche la sua splendida e meravigliosa casa, costruita a sua immagine e somiglianza, che conosce (e a volte controlla) le sue inquiline come il peggiore degli stalker.
Ed è infatti il tentativo di Jane per uscire da questo labirinto di specchi il vero motore della trama, quello che si trascina dietro il lettore dietro ogni angolo e ogni porta nascosta, in un luogo dove morte e vita, verità e menzogna si confondono continuamente. Un equilibrio precario, dove il bandolo della matassa è particolarmente sottile, difficile da individuare. Sottile, in effetti, come un filo di perle.
Recensione di Elena Malvica
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