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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2013
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Comprato per un esame universitario, ho finito per adorarlo. Molto essenziale, tuttavia piacevole.
L'opera in se è brevissima, consta di "libro uno" e "libro due" ma in realtà sono capitoli. Lo stile in cui è scritta è di facile comprensione, la rilevanza storica e la profondità culturale sono altissime. Il fulcro è il punto di domanda di ogni essere vivente dotato di intelletto. L'introduzione, se letta dopo, è molto utile.
Recensioni
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scheda di Tomasi, D., L'Indice 1992, n. 1
(recensione pubblicata per l'edizione del 1991)
Molteplici, come bene ci mostra la Fraccaro nella sua introduzione, sono le chiavi di interpretazione di questo classico della letteratura di romitaggio, scritto nel 1212, in un periodo che segna il passaggio dagli ideali aristocratici dell'epoca Heian a quelli militari del periodo di Kamakura. C'è innanzitutto la rappresentazione di "un mondo di lordure" attraverso la descrizione dei disastri di cui è vittima la città di Heyankyo (antico nome di Kyoto). Da qui nasce la consapevolezza del 'mujo', il carattere effimero e impermanente di tutte le cose, e la necessità di volgere le spalle a tale realtà degenerata, di abbandonare ogni illusione mondana, di immergersi nella natura e di prepararsi alla rinascita nella Terra pura di Amida. La seconda parte dei "Ricordi di un eremo" è cosa affidata a tale esperienza, dove preghiera e poesia sembrano essere identici strumenti di salvezza. Tuttavia, nel finale dell'opera, un dubbio sembra assalire l'autore, quando questi si chiede se anche l'amore per il misero abituro, che egli esprime con le sue parole di poeta non sia forse segno ancora di un attaccamento terreno. Quasi a riconoscere il carattere inconciliabile del poetare e del pregare e a lasciare trapelare il dubbio che la fuga dal mondo sia, più che una necessità di fede, l'ultimo tentativo di mantenere in vita un ideale estetico e aristocratico venuto meno con la fine del periodo Heian.
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