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In Italia esistono sia il razzismo che l'islamofobia, non solo nelle contumelie di Calderoli ma anche nella testa di tanti italiani. Ben vengano dunque i libri che cercano di contrastarli. Quello di Benali è deludente perchè afflitto dal consueto riflesso di difesa identitaria così diffuso fra gli arabi. Sarà anche vero che l'autrice è stata minacciata dagli integralisti nel suo paese, però sembra che tutti i problemi di convivenza siano causati da bianchi bigotti e cristiani. Benali non è sfiorata dal pensiero che nessun'altra comunità crea problemi di integrazione quanto quella arabo-musulmana. Non sarà che il ritratto che l'autrice fa del Nordafrica è un po' edulcorato? Altrimenti come si spiega la dissoluzione delle comunità ebraiche del Maghreb negli ultimi 40 anni, l'omofobia l'antisemitismo e l'intolleranza religiosa che guadagnano terreno sull'altra sponda del Mediterraneo? Nel tentativo di comporre il suo quadro un po' manicheo dei rapporti Occidente, Benali è costretta ad arrampicarsi sugli specchi: paragonare il turista italiano con gli spaghetti in valigia all'immigrato islamico che mette su una macelleria halal nel bagno di casa mi pare poco serio, e poco rispettoso dell'intelligenza del lettore. Il capitolo sui matrimoni misti comprende solo matrimoni tra uomini musulmani e donne cristiane; ciò permette all'autrice di glissare su argomenti scomodi quali l'uso del matrimonio come strumento di conversione (teorizzato e auspicato da vari imam) e soprattutto gli ostacoli ai matrimoni misti in cui è la donna ad essere musulmana, posti non solo da religiosi ma anche da governi "laici" come quello tunisino. Mancanza ancora più grave è quella sulla condanna per apostasia che ancora minaccia i musulmani che vogliono convertirsi: riferirne offuscherebbe il quadretto zuccheroso che l'autrice fa della llibertà religiosa nel mondo islamico. Ancora una volta si deve constatare che sono proprio gli intellettuali arabi moderati, come Tahar Ben Jelloun, Fatema Mernissi e la stessa Benali, a deludere.
Ascoltando ogni giorno i nostri telegiornali, verrebbe quasi da pensare che esista esclusivamente un Islam antioccidentale e integralista: ciò testimonia il livello di disinformazione che esiste nel nostro paese. Leggendo questo libro, scritto da una giornalista algerina musulmana laica, ci rendiamo conto che la maggioranza dei musulmani non appartiene a questa immagine. Scopriremo così che i veri musulmani non maltrattano le donne, non sono chiusi all'integrazione e non intendono convertire il nostro paese. C'è chi invoca la superiorità dell'Occidente, quando non ricorda che la civiltà islamica è stata importantissima anche nella nostra cultura: basta ricordare il grande filosofo Averroe'... O forse non ci ricordiamo i nostri secoli passati, all'ombra delle crociate, della caccia alle streghe,dell'oscurantismo... L'islam è una grande religione monoteista proprio come il cristianesimo o l'ebraismo, con i suoi estremisti e i suoi fedeli "normali"; se cadiamo nella trappola di Bin Laden e dei suoi seguaci ci apparirà un'Islam estremamente chiuso, arretrato, antioccidentale e fanatico, insomma terrorista. Se leggeremo questo libro conosceremo almeno una parte del vero Islam, non quello dei fanatici terroristi ma quello dei veri musulmani credenti, che credono nel rispetto reciproco, nell'amore per il prossimo, in un Dio misericordioso. Non facciamoci catturare dalla rete degli estremisti.
Libro superficiale e irritante. Benali accusa l'Occidente di non conoscere l'Islam ed elenca tutti gli elementi di modernità del mondo musulmano. Trascura però di domandarsi come mai in questo mondo islamico siano così forti gli elementi di arretratezza (che lei peraltro descrive minuziosamente). L' autrice non cerca di capire perchè molti occidentali hanno una cattiva immagine dei musulmani, e non si domanda se gli islamici non abbiano qualche responsabilità in questa diffidenza. Benali descrive gli italiani come se fossero tutti leghisti xenofobi (esattamente come i leghisti descrivono i musulmani come se fossero tutti talebani). Nel libro c'è solo critica verso l'Italia e l'Occidente, nessuna traccia di autocritica verso il mondo islamico. Da una persona che ha dovuto scappare dal suo paese per non essere uccisa dai fondamentalisti, e che ha trovato in Italia la salvezza, un buon lavoro e una vita serena, ci si aspetterebbe un po' più di riconoscenza per il paese che l'ha accolta, e un po' più di sforzo di comprensione. "Scontro di inciviltà" è un libro che rafforza i pregiudizi, da entrambe le parti. Agli occidentali da' l'immagine di un Islam dove i progressisti sono perseguitati, ma che al tempo stesso non riesce a vedere i suoi veri problemi (l'avanzata dell'intolleranza) e si rifugia dietro un vecchio vittimismo terzomondista. Agli islamici racconta un occidente chiuso e intollerante (e non si capisce allora perchè l'autrice abbia dovuto rifugiarsi proprio lì). Se si vuole capire qualcosa dei rapporti fra musulmani e Occidente, molto meglio leggersi "Quando abbiamo smesso di pensare?" di Irshad Manji. Quello sì che è un libro che si pone domande scomode sull'Islam.
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