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Scusi, prof, ho sbagliato romanzo
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Scusi, prof, ho sbagliato romanzo - Alessandro Banda - copertina
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Scusi, prof, ho sbagliato romanzo

Descrizione


In una scuola di una piccola città del Tragedistan, i professori sono riuniti in una sfibrante assemblea: perché nel mondo burocratizzato dell'istruzione, tra crediti scolastici, scrutinii e circolari incomprensibili, urge un imperativo che non può più essere ignorato: essere moderni. La grande idea, questa volta, consiste nel modernizzare i classici, facendoli riscrivere dagli stessi studenti. E dunque, tra raggelanti e parodistici rifacimenti dei "Promessi sposi" di Manzoni o della "Vita nova" di Dante, mentre si agita sottobanco un sorprendente mercato nero di classici in veste originale, Banda gioca al capovolgimento dei ruoli e regala al lettore un divertente ma impietoso ritratto della scuola, raccontando una storia che è una parodia velenosa su uno dei mondi più controversi dell'Italia di oggi.
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Dettagli

2006
7 settembre 2006
185 p., Brossura
9788882469658

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 3/5
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Plastès
Recensioni: 4/5

Com’è una scuola in Tragedistan? Verrebbe quasi da dire di conoscere quei prof, quei loro cappellini con penna di fagiano incorporata, quelle sigle impossibili (PEI, POF, PIF…), tutte quelle regole ingestibili fornite da una burocrazia soffocante, ma soprattutto quella tensione che si percepisce quando due professori di carica opposta si respingono. Se fossero magneti dovrebbero attrarsi, ma… Alessandro Banda parla della scuola in generale. Se fosse un’immagine, il romanzo, piuttosto che una foto, sarebbe una caricatura della situazione reale. E come ogni caricatura che si rispetti, esagera ma non crea. Forse non tutte le professoresse di latino hanno nomi tanto evocativi quanto Pomponia Grecina e non tutti i presidi portano abitualmente cravatte a pois abbinate a giacche iridescenti, ma ciò non toglie che i problemi siano gli stessi presenti nel romanzo, né più né meno. Riscrittura dei capolavori mondiali a parte, s’intende (almeno per ora). Già, riscrittura dei classici. Ma perché modificare qualcosa che ha ormai varcato le soglie del tempo, che è stato apprezzato così com’è? Solo perché cambiano i tempi, devono essere aggiornati anche i libri del passato? Ogni periodo produce qualcosa, perciò un libro deve rispecchiare la propria epoca, non quella di chi lo legge. Se poi l’opera è ancora attuale, se il suo messaggio è comunque valido, allora è un evergreen, come direbbero gli inglesi. Riscrivere, in questo caso, significherebbe soltanto “stravolgere”. L’autore mostra, inoltre, due fattori diametralmente opposti, cioè che sono le persone a fare la scuola, e che se il sistema non è valido, le persone possono farci poco, risultano come rinchiuse in una gabbia, nemmeno tanto d’oro. Da Proust con le sue “fanciulle in fiore” all’idropico-liuto e i Malebranche dell’inferno dantesco, per non parlare dei tre capolavori riscritti nel corso della storia, sembra quasi di conoscere questa letteratura. Ma no, suvvia, non viviamo mica nel Tragedistan.

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pardo
Recensioni: 1/5

Scarso, davvero scarso, deludente... uno scontato collage di luoghi comuni del genere 'scolastico'. Consiglio per contrasto PARRESIADE e MASTROCOLA

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caterina consolo
Recensioni: 3/5

Buona la scrittura. Intrigante. Ma un po' dispersivo e troppo sovrastrutturato. pensavo a qualcosa di più semplice, e invece certe volte facevo fatica ad arrivare alla fine della pagina. Comunque, Banda è davvero un buon scrittore. Ben venga in questa nostra letteratura a volte troppo commerciale e raffazzonata. Preferisco comunque Starnone, Mastrocola o il libro I Dodici Punti sugli insegnanti precari di Versace.

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Recensioni

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Voce della critica

Un altro romanzo della scuola? A vent'anni dalla starnoniana Ex cattedra, che è appena stata ripubblicata in una nuova edizione arricchita, dopo cronache, diari di bordo, romanzi e racconti, libelli, satire, gialli e noir in ambito curricolare, il genere è più che mai fertile. Sarà forse merito della formidabile ambivalenza della scuola, che è al tempo stesso spazio di rifrazione e tessuto generativo della società. Così, in tempi in cui inoltrarsi nel grande e frastagliato corpo della società è diventato sempre più difficile, parlare di scuola è il passaporto per inoltrarsi in quel territorio, sospeso tra la monotona ovvietà dell'asfalto e l'insidia delle sabbie mobili, dove trasversalmente s'incrociano i progetti, le frustrazioni, le insofferenze e le illusioni di generazioni diverse. Con qualche piccola certezza, fra tante, possibili combinazioni e varianti: la fiducia, anche se stremata, nell'insegnamento, la sfiducia, pressoché totale, verso questo tipo di scuola e la natura immancabilmente sfigata di chi sta in mezzo a questa forbice, ovvero i professori. Che possono anche essere – e alcuni lo sono, infatti – intelligenti e motivati, colti e ironici, ma per l'opinione comune qualcosa di sfigato devono pur averlo. Perché, altrimenti, farebbero i professori? Questo non vale solo da noi, ma anche nella lontana vicina regione del Tragedistan, dov'è ambientato il nuovo romanzo della scuola di Alessandro Banda, professore pure lui nel liceo pedagogico di Merano. Anche qui, il professore intellettualmente dotato mostra qualche riconoscibile tratto del disadattato sociale.
Ma che sia proprio lui, l'appassionato e cinico Dan Baha – cinico proprio perché tradito nella sua passione per l'insegnamento – il vero eroe del nostro tempo? Il romanzo, interamente e brillantemente giocato sul paradosso, al punto da contenere una dedica – tra l'affettuoso e l'ironico – agli amanti del genere, autorizza a pensarlo, salvo poi riservare un ribaltamento finale. Non lo sveleremo, perché anche il paradosso ha le sue regole; ci limiteremo ad aggiungere che un ulteriore pregio della storia, oltre al suo divertente humour nero, è il fatto di iniziare là dove alcuni romanzi della scuola si fermano, deprecando o facendo dell'ironia sullo sminuzzamento dei contenuti, sull'insensato proliferare delle occasioni "formative", sull'orrida faccia della burocrazia.
Banda va oltre: e con uno scatto surreale o preveggente, s'immagina un ente dalla sigla mostruosa, il graporiscla, preposto al compito della Nuova Era Scolastica: la riscrittura dei classici.
Si parte, com'è naturale, da quel ramo del lago di Como tatuato nella memoria di intere generazioni tragedistane e italiche: sotto la guida di Dan, i professori sminuzzano, tagliano e incollano, modernizzano e insaporiscono gli sposi promessi, fino a ottenere un magnifico polpettone dall'invitante titolo di "Rodriguez". Dove Renzo è un produttore di speck contraffatto, Lucia, pur con i regolamentari spilloni in testa, è ragazzetta assai sveglia, Rodriguez è un belloccio inconcludente, Friar Laurence alias fra Cristoforo è un ultrà redento e il lazzaretto altro non è che una comune spiaggia italica nel mese di agosto, infestata da corpi in evidente stato di sofferenza. Polpettone postmoderno, ma con tutti i manzonismi al posto giusto: dal cielo di Lombardia alla vigna di Renzo. Di fronte a siffatta performance didattica che splendidamente combacia con le nuovissime esigenze di intrattenimento, il graporiscla esulta, ma i ragazzi, del tutto imprevedibilmente, convertono la natura dei loro traffici clandestini. Non più il fumo, ma l'edizione ventisettana del romanzo. Parola d'ordine dei ribelli? Protofisico Settala.
Su istigazione dell'incombente graporiscla, analoga sorte di taroccamento tocca al romanzo foscoliano, che diventa "L'ultima, lunga lettera di Lorenzo Alderani". Cova propositi suicidi, il povero Lorenzo: e come non capirlo, con un amico come Jack Ramiro Ortiz? Dati anagrafici da trafficante di coca colombiano, stile antiquato e logorroico che, se nuoce gravemente agli amici, fa ancora presa sulle gentildonne. Nemmeno Dante può ritenersi al sicuro, avendo già subito il pubblicitario affronto dei "Quattro salti in padella": e difatti, nella riscrittura della Vita nuova subentra alla sua fulgida Beatrice una Gina rabbuiata e inferocita per la persecuzione di un ceffo dagli occhi di fuoco e il naso grifagno. È la dimostrazione che tutto si può bignamizzare e irridere, certo, ma i classici – e Dan lo sa bene – non sono tipi da arrendersi facilmente.
Se un manzoniano sugo si può trarre da questa storia è il seguente: in base alla legge di mercato – sacra non solo qui da noi, ma pure in Tragedistan e ovunque – se la burocrazia, il ministero, il comitato di esperti, l'equipe sociopsicopedagogica, i professori si mettono a taroccare i classici e li svendono nelle aule scolastiche, allora il classico diventerà merce proibita. Da ricercare, da contrabbandare, da fiutare. Da leggere, perfino.
  Maria Vittoria Vittori

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Conosci l'autore

Alessandro Banda

1963, Bolzano

Alessandro Banda è uno scrittore italiano, si è laureato in lettere all'Università di Padova nel 1987 dove ha anche conseguito un dottorato di ricerca in filologia italiana. Ha pubblicato su riviste alcuni saggi dedicati a Leopardi, Celan e Pasolini. Ha pubblicato per Einaudi Dolcezze del rancore (2001), per Guanda La verità sul caso Caffa (2003), La città dove le donne dicono di no (2005), Scusi, prof, ho sbagliato romanzo (2006), Come imparare a essere niente (2010), L'ultima estate di Catullo (2012), Il lamento dell’insegnante (2015), Congiura (2018). Per Laterza ha pubblicato, nel 2012, Due mondi e io vengo dall'altro.Vive a Merano.

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