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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2014
Esce finalmente un'introduzione italiana alla sociologia del corpo, campo d'indagine ormai consolidato, presente nella sociologia internazionale da circa quindici anni grazie alla rivista "Theory culture and society" e alle riletture di Foucault nei cultural studies . L'autrice, Paola Borgna, ci propone un'opera originale oltre che un'utile rassegna dei differenti filoni di teoria e analisi, spesso non comunicanti tra loro, con cui la sociologia odierna ha tematizzato il corpo. "Corpi docili", luoghi del potere e del condizionamento sociale; "corpi flessibili", sottoposti a pratiche quotidiane di modifica e progetto del sé; "corpi della medicina" in rapporto a "corpi del diritto e dell'etica", fino agli immateriali "corpi della rete": questa la ripartizione della materia attraverso cui siamo condotti, con precisione, rigore e puntuale documentazione, seguendo un filo che connette e sociologizza le riflessioni del femminismo sul corpo delle donne, il pensiero di Foucault, la teoria postmoderna delle pratiche di consumo del corpo, le questioni bioetiche legate all'utilizzo delle biotecnologie, gli studi sulla comunicazione in rete e su altre forme di superamento tecnologico del corpo. Il libro si conclude con un accenno alle più recenti codificazioni di nuove subdiscipline sociologiche legate alle tematiche del corpo.
I fenomeni cui queste teorie si riferiscono possono apparire troppo diversi per un unico approccio disciplinare e talora mescolano persino problemi serissimi con apparenti futilità: si va dalle diete alla disciplina militare, dal body building ai trapianti, dalla tutela dell'informazione sul proprio patrimonio genetico alla diffusione dell'anoressia tra le giovani, dal transgenderism nelle chat line alla simulazione delle emozioni nella robotica. L'autrice dimostra che in realtà questi sono tutti fenomeni degni di seria considerazione, e in particolare di una considerazione sociologica, perché manifestano azioni sociali sul corpo e allo stesso tempo azioni del corpo, in quanto il sé che agisce ha ed è anche un corpo (seppure oggi possa non esserlo necessariamente). Il corpo è in altre parole una costruzione sociale: i suoi stati, pur così oggettivi, sono culturalmente definiti e queste definizioni s'impongono, diremmo durkheimianamente, sull'agire individuale come un fatto sociale costrittivo. Il tema del corpo riveste un'importanza centrale in ambito sociologico ed è stata quindi una cecità della disciplina essersene accorta così tardi e aver prodotto espliciti studi di sociologia del corpo solo in epoca molto recente (all'incirca negli ultimi quindici anni). Tuttavia, in questo panorama ci sono state felici eccezioni: basti ricordare gli studi condotti da Marcel Mauss negli anni trenta sulle tecniche del corpo e le prime riletture dei classici in questa chiave, qui correttamente citate da Borgna.
Lo specifico contributo della sociologia rispetto alla medicina, al diritto, all'informatica e alle altre scienze che insistono sul corpo è proprio svelare e specificare le definizioni sociali del corpo, di volta in volta date come assolute o naturali. E, aggiungiamo noi, di volta in volta darne spiegazione, individuarne i meccanismi generativi. L'autrice evidenzia bene uno di questi meccanismi, la biopolitica, trattando il caso della recente legge che vieta la fecondazione eterologa: il suo significato sociologico è stabilire un uso giusto e un uso sbagliato del corpo, che cosa del corpo è proprio e che cosa è altrui, oltre che affermare una certa concezione della famiglia come normale e altre come devianti (sessualità e riproduzione sono da sempre fra i terreni più sensibili della definizione sociale del corpo).
Nel testo si possono ricavare persuasivi esempi della tesi del corpo come costruzione sociale, dalla definizione clinica di morte alla fine analisi delle Ict (Information Communication Technology???) con attori senza corpo, ma forse, in sede conclusiva, avrebbero meritato maggiore enfasi e una trattazione più generale i meccanismi generativi di queste definizione sociali, non solo quelli biopolitici ma anche quelli, peraltro più scontati, come l'innovazione tecnologica o come la riproduzione culturale a opera di agenti educativi, dei media, dei differenti progetti identitari o delle mode del momento. Tuttavia, si tratta di un limite intrinseco alla letteratura a disposizione sull'argomento, dove viene dedicata più attenzione alla descrizione di fenomeni sociali che alla loro spiegazione, sempre o troppo circostanziata o al contrario molto vaga. Una buona candidata per più vaste generalizzazioni potrebbe essere l'importante teoria di Anthony Giddens relativa alle nuove forme della politica e alla progettazione del sé, esposta in Consequences of modernity oltre che nel qui ricordato Modernity and self identità : l'individuazione di teorie unificanti è un ottimo stimolo per un settore d'indagine ancora giovane.
Benché rigorosamente sociologico nel linguaggio e nell'impostazione, coerente nuova uscita di questa bella collana diretta da Paolo Ceri per Laterza, il volume offre anche uno stimolo culturale per un pubblico più ampio, anzitutto per la sua chiarezza espositiva e per i riferimenti didascalici che lo rendono ben comprensibile: chi, ad esempio, ha sempre finto di sapere che cosa sono le nanotecnologie o il contenuto esatto della legge sui trapianti o perché le femministe americane "bruciarono i reggiseni" in una delle loro prime manifestazioni pubbliche, troverà l'informazione in note precise ed essenziali. Soprattutto però, il libro ci aiuta a mettere in discussione la nostra cultura, incapace di prendere decisioni su questioni inerenti al concetto di corpo senza ricorrere in modo più o meno consapevole a pregiudizi sociali, politici o religiosi, e ci fornisce uno strumento per comprendere la commistione di naturalismo e di fatalismo premoderno, oggi ampiamente diffusa, che senza dubbio concorre a determinare tra gli studenti una cospicua crisi delle vocazioni scientifiche.
Infine, e mi sembra la considerazione più importante, pensare il corpo come costruzione sociale induce tutti noi ad assumerci la responsabilità degli effetti delle nostre idee nei confronti dei soggetti collettivi che se ne fanno portatori o decidono politicamente. Il passaggio dall'individuo alla collettività è un processo lungo e complicato, ma ancora una volta una scienza, la sociologia in questo caso, ci può offrire un lume, svelando una parte della realtà.
Sergio Scamuzzi
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