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Anno edizione: 2024
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PEREC, GEORGES, Sono nato, Bollati Boringhieri, 1992
MELE, SANTINO (A CURA DI), Georges Perec, n. mon. di 'Nuova Corrente' n.108, Tilgher, 1991
recensione di Merello, I., L'Indice 1993, n. 5
A testimonianza dell'interesse che lo scrittore, scomparso nel 1982, continua a suscitare, le edizioni Seuil hanno pubblicato nel 1990 un'antologia di testi, ora tradotta da Bollati Boringhieri, in precedenza inediti o apparsi solo su rivista. "Je suis n‚" è il titolo attribuito dai curatori a un passo del "Taccuino nero", un insieme di pre-testi a carattere autobiografico da cui Perec ha tratto materiali per "W ou le souvenir d'enfance". Seguono, nel volume, i "Luoghi di una fuga", testo base per l'omonimo film, realizzato nel 1976, quindi lettere, interventi radiofonici, recensioni, partecipazioni a conferenze, interviste. La raccolta si presenta come un interessante 'work in progress'. La lettera a Maurice Nadeau del 1969, documenta, ad esempio, una serie di progetti d'opera che Perec aveva in mente dopo la pubblicazione della "Disparition*, tra cui un mastodontico libro - al quale poi preferirà la "Vie mode d'emploi" - da elaborare per dodici anni, su dodici luoghi di Parigi da descrivere a due al mese, una volta sul posto, un'altra volta a memoria. Fedele ai principi dell'Oulipo, l'Ouvroir de littérature potentielle, di cui diventerà membro l'anno seguente, Perec concepisce la costruzione dell'opera secondo uno schema strutturale molto rigido, bi-quadrato ortogonale di ordine dodici (il bi - quadrato ortogonale di ordine dieci sottenderà poi la "Vie"), e si propone di organizzare il materiale sigillando ogni testo in una busta da aprire al termine del lavoro, per scoprire così ''l'invecchiamento dei luoghi, l'invecchiamento della scrittura, l'invecchiamento dei miei ricordi".
Al centro dell'istanza narrativa di Perec vi è, sempre, un'interrogazione sul senso e il procedere della scrittura, sul ruolo, costantemente discusso e ridefinito, dello scrittore, fatta tabula rasa di ogni ideologia. Essere scrittori coinvolge interamente la personalità: "scrivo per vivere e vivo per scrivere" afferma. La scrittura è protezione, è domanda, in costante tensione verso lo smascheramento: "bisognerà che un giorno cominci a servirmi delle parole per smascherare il reale".
Nel quadro del perdurante interesse intorno all'autore della "Vie mode d'emploi" l'omaggio di "Nuova Corrente" si configura come una sorta di bilancio critico e indaga l'opera di Perec affrontandone i nodi fondamentali. L'ottima bibliografia ragionata di Felicita Robello rende conto dello stato della critica, aggiornata al 1991, e intravede la stimolante possibilità di criptiche citazioni perechiane nel "Pendolo di Foucault" di Eco. Gli interventi offrono invece l'analisi rigorosa di alcuni testi capitali (per cui il saggio di Santino Mele si propone come una guida per la traversata della "Vie mode d'emploi", Pedersen conforta anche il lettore qualunque circa la possibilità dell'impresa, Gabellone mostra la singolarità dell'"Homme qui dort" all'interno del corpus perechiano), ma ricordano anche le collaborazioni con la radio tedesca (Bellos) o con la rivista "Cause commune" (Borsari). Non mancano riflessioni più in dettaglio sulle strutture sintattiche (Baetens), sul gioco lipogrammatico (Lee) e sul sistema di relazioni intertestuali di cui si mostra un esempio (Bertini).
Ne risulta un'immagine a tutto tondo, in cui viene messo in luce il percorso letterario e umano di Perec: i testi di collaborazione a "Cause commune" consentono a Borsari di evidenziare il passaggio dalla prima istanza autobiografica e autoanalitica a quella parodistica e politica, che si interroga circa l'influenza dei media sulla visione della realtà e si propone di "interroger l'habituel". Mele sottolinea altresì la differenza tra l'opera di Perec e la produzione dell'Oulipo: essenzialmente umanistica, preoccupata di una 'Weltanschauung' la prima, nella quale i giochi formali servono a catturare il senso delle cose; sostanzialmente ludica la seconda.
Perec scrive per interrogarsi sul senso dell'esistere, e non conosce altra risposta se non la catalogazione, l'esaurimento della realtà per accumulo. Un po' come la macchina Erato, di cui parla Bellos, inventata da Perec per una commedia radiofonica tedesca, la quale si pone la medesima domanda, ma non può darsi, per la sua stessa natura, risposte cogitative, e si affida alla logica differenziale.
Il gioco formale è un risultato, non un'istanza primaria: in questo caso i giochi di Erato possono far divertire, ma nascondono un atto d'amore nei confronti del testo base, la ninna nanna di Goethe. Allo stesso modo, nella "Vie", Mele vede nell'intertestualità un'amorosa attenzione a tutta la tradizione, recuperata nell'unicità del testo, e la Bertini, rintracciando analogie e corrispondenze tra un'immagine che compare nella "Vie", "Les Choses", "L'Education sentimentale" e la "Comédie humaine", ripercorre le stazioni di un pellegrinaggio devozionale. Mentre Perec infatti mima la frase flaubertiana, i personaggi di Jérome e Sylvie, nelle "Choses", imitano Frédéric Moreau (il protagonista dell'"Education*), ma riducendo il processo di iniziazione al semplice desiderio di possedere determinati oggetti, e un'immagine allude al fatto che anche Frédéric, in un rapporto proporzionale, aveva ridotto alla meschinità borghese l'epicità del Rastignac di Balzac. Perec intende porsi dunque alla conclusione di un processo di minimalizzazione, che conduce all'annullamento dei personaggi. Il soggetto dell'opera è, ormai, la sua forma, la sua struttura, e il lettore è sollecitato a diversi modi di lettura: Pedersen osserva che essa non è più un fatto di ricezione, quanto di produttività. Ogni volta il testo si ricostruisce variamente in rapporto al contesto, anche se Perec lo dissemina di una serie di segnali che invitano a privilegiare un tipo di lettura piuttosto che un altro. Ad esempio la gamma dei tempi verbali, la frequenza del futuro e del condizionale, non possono non condizionare il lettore, così come il principio d'esaurimento, la presenza di una massa testuale così ampia da obbligare praticamente a scegliere.
Ma un'opera di cui si conosce il carattere crittografico sollecita continue decrittazioni: estendendo alle strutture sintattiche l'attenzione generalmente rivolta a quelle verbali, su cui si fondano i giochi linguistici, Baetens ha la possibilità di denunciare ulteriori valenze simboliche del testo. Un'analisi del frammento "Still Life/Style Leaf" mostra la ripresa a livello sintagmatico della struttura del palindromo, e rivela l'equivalenza, nella seconda parte, tra ampiezza descrittiva e grandezza dell'oggetto descritto. Perec ha fondato una nuova retorica, una retorica personale, con regole ferree, di cui si scoprono sempre nuove 'contraintes': ma lo scopo, avvertono da sempre i critici, non si esaurisce nella ricerca formale. La sua forma destruttura la forma della tradizione, la mette in crisi, la costringe a porsi delle domande, a interrogarsi sulla propria ragion d'essere. Ed è su quest'istanza dubitativa che Perec fonda la sua produzione, che ha il valore di una 'quete'. Per concludere con le sue stesse parole, tratte da "Kleber Chrome": "Il libro è la traccia di questa ricerca infruttuosa, sotto la quale appare in filigrana questo percorso della scrittura alla ricerca della propria verità: un gioco le cui regole sono così semplici, ma in cui la partita è tra le più disperatamente complicate".
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