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E' un buon libro. Racconta le storie estreme, di schiavitù, subite da quel 10% della popolazione immigrata che viene sfruttato da noi tutti, direttamente o indirettamente, in barba ai principi costituzionali. Sette capitoli, 330 pagine stampate a caratteri molto grandi, nelle quali l'autore descrive i luoghi che ha visitato in tutto il Paese, le persone che ha incontrato, le interviste che ha raccolto in quasi due anni di lavoro. E' l'opera di un cronista che non aggiunge troppe opinioni personali, lasciando le interpretazioni agli studiosi che ha incontrato o letto. Solo nelle conclusioni l'autore dice la sua, e mostra il candido idealismo dell'egualitarista totale. Pongo questo volume tra quelli che mi sono stati utili per capire lo stato reale del Paese. Non spiega i perché, ma descrive i fatti. Il rischio è di prenderlo per una raccolta di racconti dell'orrore. Il miracolo è di farsene influenzare al punto da cambiare il proprio comportamento quotidiano. Infine ho trovato inutile le prefazione di Mo. Quanto a Storni, immagino che sia giovane se alcuni intervistati lo chiamano "ragazzo". Allora spero che non emigri e che ci regali altri libri come questo.
Recensioni
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Le nigeriane minorenni obbligate a prostituirsi a Castel Volturno, le braccianti romene di Vittoria costrette ad abortire dopo le violenze dei propri ‘padroni’, gli africani schiavi nelle campagne di Calabria, Lazio e Puglia. E poi i mendicanti resi storpi ai semafori delle nostre città, i vu cumprà che scappano dalla finanza, i profughi somali e afghani che vivono nelle baraccopoli, i rom, i prigionieri dei Cie che scongiurano il rimpatrio, i carcerati autolesionisti, i facchini-servi delle multinazionali nell’hinterland milanese, gli indiani bruciati da bulli romani, i morti sul lavoro e i cadaveri di Lampedusa, sotterrati in fosse comuni senza neppure lapidi su cui piangerli. Viaggio-inchiesta nel ‘Terzo Mondo d’Italia’ alla scoperta delle condizioni più atroci in cui vivono (e muoiono) gli immigrati. Un’avvincente escursione tra storie di vita e sentimenti, disumanità e responsabilità italiane, razzismo e indifferenza. Prefazione di Ettore Mo.
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