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Il defunto Philip Seymour Hoffman apparirà di nuovo sullo schermo nel cast dei prossimi Hunger Games. Ma la miglior performance in assoluto di Hoffman, tra le ultime – e si tratta di maestria in fatto di recitazione – arriva proprio in La Spia – A Most Wanted Man. Teso, tortuoso e terrificante spy-thriller di Anton Corbijn, sulla base del romanzo del 2008 di John le Carré.
Hoffman, che è morto nel mese di febbraio, interpreta Günther Bachmann, un’intelligenza operativa tedesca. Dagli attentati dell’11 settembre Günther si ritrova a capo di un’unità di spionaggio su piccola scala che traccia la comunità musulmana di Amburgo, dove è stato progettato l’attacco contro l’America.
Corbijn (The American), lavorando a una sceneggiatura di Andrew Bovell, la insaporisce accendendo una miccia molto lunga per massimizzare la suspense. Tutta l’attenzione è su Issa Karpov (Grigoriy Dobrygin), un nuovo arrivato ceceno-russo che assume l’avvocato per i diritti umani Annabel Richter (Rachel McAdams) per raccogliere la fortuna di suo padre da una banca tedesca gestita da Thomas Brue (Willem Dafoe). È motivo avidità di Issa o per finanziare il terrorismo?
Günther vuole sapere. Così fa chiunque altro nel racket delle spie, compresa la CIA, nella persona di Marta Sullivan (Robin Wright). Il gioco del gatto col topo che Hoffman gioca con Wright è reso in maniera splendida.
Ogni mossa di Hoffman cattura l’attenzione con astuzia. C’è l’accento tedesco innaturale, l’ubriacarsi, le sigarette fumate una dopo l’altra, le occhiate alla sua assistente (Nina Hoss), la vita segreta che Hoffman tiene nascosta e i tradimenti che anche lui non può prevedere.
Hoffman è semplicemente magnifico. Ammettiamolo. Non lo vedremo mai più così.
Recensione di Peter Travers
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