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Splendi come vita (Ponte delle Grazie, 2021) di Maria Grazia Calandrone è un po’ il prequel o l’anello di congiunzione che chiude la duologia Dove non mi hai portato. Mia madre un caso di cronaca (Einaudi, 2022). Entrambi finalisti al Premio Strega, rispettivamente nel 2021 e nel 2023. Se in questo ci viene raccontato il rapporto tormentato e doloroso con la madre adottiva nel suo più recente – che ho preferito di gran lunga – ci viene raccontato la storia dei genitori naturali insieme a un’attenta ricostruzione storica degli ‘50-’60 dell’Italia. Ho preferito il suo più recente a Splendi come vita, forse anche per una scrittura troppo sincopata, frammentaria e che non ha una struttura lineare tipica della narrazione romanzesca. Resta comunque un viaggio interessante nei sentimenti e nelle radici. La Calandrone è un’autrice da seguire e chissà come ci riserberà nella sua prossima fatica letteraria.
Ho trovato la lettura di questo volume molto, molto faticosa. A parte che i capitoli non sono veri e propri capitoli ma frammenti, pezzi che possono variare dal paio di righe ad un paio di pagine al massimo, ma è il contenuto in sè che mi ha più delusa. Il rapporto madre adottiva-figlia adottiva che passa dall'essere idilliaco a non esserlo affatto, è un tema che potrebbe essere anche molto interessante per chi può ritrovarsi in alcune frasi o alcune fasi della vita della protagonista, ma ho trovato che il modo di scrivere non rendesse per niente la lettura scorrevole, anzi. Comprendo il voler rendere il tutto un po' più poetico, aulico, con parole ricercate e particolari, ma farlo costantemente a mio parere rende la lettura pesante e pedante. Veramente un peccato, perchè la vita della scrittrice è ricca di spunti interessanti alla fin fine.
Ho letto prima il romanzo sui genitori biologici dell'autrice e poi questo. In entrambi i casi sono rimasta insoddisfatta. Lo stile narrativo non mi è piaciuto, ma soprattutto i contenuti. Mi è sembrato mancassero molte informazioni che forse mi avrebbero permesso di capire il loro rapporto. Come se l'autrice avesse preso il suo diario di 100 pagine, ne avesse strappate 60 e avesse pubblicato il resto. A me sono sembrati entrambi romanzi incompiuti.
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